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YUKA AND CHRONOSHIP |
Dino rocket oxygen |
Musea/Disk Union |
2013 |
JAP |
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Dal Giappone qualcosa di buono arriva sempre, basta solo aspettare. In questo caso non si tratta di niente di innovativo, ma di semplice progressive rock melodico ben composto, suonato e prodotto. "Tutto qui?" sarebbe una domanda più che lecita. Perché questo disco dovrebbe spiccare su tanti altri descrivibili esattamente allo stesso modo? Innanzitutto, "Dino rocket oxygen" è realizzato in maniera impeccabile, senza elucubrazioni cervellotiche, inutili manierismi o emorragie strumentali. Yuka Funakoshi, leader della band e autrice principale, ha semplicemente il dono di saper scrivere buona musica, e lo fa con coerenza e una discreta dose di personalità. L'album è in prevalenza strumentale, ed è costituito da tre suite della lunghezza compresa tra quattordici e ventiquattro minuti, a loro volta suddivise in parti più brevi non sempre congiunte tra loro. Nonostante la struttura apparentemente pesante, l'ascolto è gradevole e per niente affaticante. La prima suite, "Dinosaurs", mostra tutte le influenze della band, che riprende i temi classici del progressive rielaborandoli in chiave moderna, condendo il tutto con venature hard e spunti fusion molto sottili ma evidenti ad un ascolto attento. La seconda parte della suite "Dance with dinosaurs", a meno che non sia rimasto influenzato dal titolo, mi ricorda in alcuni momenti certi passaggi strumentali del Banco del mutuo soccorso dei tempi migliori, soprattutto nell'uso del pianoforte e delle linee melodiche del sintetizzatore. La terza parte, invece, recupera una maggiore modernità nei suoni ma si basa sullo sviluppo di una scala melodica molto intrigante e debitrice di uno stile che denota la probabile formazione classica di Yuka Funakoshi. Molto evidente in questo brano anche la chitarra di Takashi Miyazawa, il quale è capace di dosare alla perfezione la tecnica, riuscendo anche a ridurre l'impressione che l'album sia basato principalmente sulle tastiere. "Cutting gravity" è la prima parte di "R is for rocket", suite di oltre ventiquattro minuti dedicata a Ray Bradbury (ma in tutto l'album si respira un evidente profumo fantascientifico), e mi ha ricordato certe costruzioni strumentali dei KBB miscelate con qualche blando richiamo ai Rush. Le cinque parti della suite sono musicalmente abbastanza autonome, così "Skygazer" non fatica a ritagliarsi il ruolo di brano più leggero dell'album. Leggero però non coincide con banale, dato che la riuscitissima melodia, l'andamento ritmico da ballata spensierata e i vocalizzi di Yuka riescono a creare quella che (almeno a mio parere) è una delle vette di tutto il disco. Ancora atmosfere alla KBB (soprattutto quelli del primo album) in "Blue astronaut helicopter" e "Beyond the fence", notevoli per la cura con cui sono stati costruiti gli arrangiamenti, veramente fantasiosi e privi di ogni tentazione ruffiana. L'ultima suite, "Oxygen" è forse la meno interessante dell'album, pur restando comunque validissima. Ad una prima parte in cui dominano l'aspetto percussivo ed una tendenza ad una fusion molto tecnica, segue un brano rilassato e sognante costruito su begli arpeggi di pianoforte, e una parte finale dai toni più tesi e con richiami a suoni post-rock. "Dino rocket oxygen" mi ha preso sin da subito, lo ammetto, e con il crescere degli ascolti mi è piaciuto sempre di più. Oltre tutto, è uno di quei dischi che non mi stancherei mai di ascoltare. Mi è capitato spesso, dopo essermelo goduto per intero, di far ripartire uno dei brani (di solito "Skygazer" o "Dance with dinosaurs") quasi preso da una sorta di rimpianto per il termine dell'album. Per quanto mi riguarda ha tutto cioè che serve: belle melodie, un accettabile grado di personalità, una sintesi ottimale tra antico e moderno, suoni mai troppo scontati, gustosi intrecci strumentali, e soprattutto mi dà l'impressione che invecchierà bene, aumentando in maniera notevole il suo valore aggiunto. Se infine tutto questo ancora non vi basta e pensate che per convincervi ad acquistarlo siano decisivi il logo della band ed il titolo del disco disegnati da Roger Dean, forse sarebbe meglio che vi appassioniate all'arte grafica invece che ascoltare musica.
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Nicola Sulas
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