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MICK ABRAHAMS |
Revived! |
Gonzo Multimedia |
2015 |
UK |
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Torna il redivivo Mick Abrahams. Torna soprattutto la Gonzo Multimedia con le sue proposte di personaggi di culto decisamente “alternativi e di rottura” con le luci della ribalta che un tempo appartennero ai grandi nomi. Abrahams è uno di questi. Personaggio, cioè, rimasto (non si sa quanto volontariamente) in secondo piano anche per la radicalità delle proprie convinzioni musicali. E così come per altri nomi riportati in auge dall’etichetta di cui sopra, non si comprende affatto l’attinenza col prog. Nel caso del vecchio Mick, poi, il caso è ancora più eclatante, in quanto egli stesso ha sempre propugnato apertamente l’intenzione di suonare solo ed esclusivamente blues. Tutto il resto non contava. Una visione molto restrittiva che l’avrebbe ben presto portato ad abbandonare i Jethro Tull. E già, perché Mick Abrahams fu proprio il primo chitarrista della band di Ian Anderson, esordendo nel 1968 con “This was”. All’epoca si trattava di un blues già di per sé particolare (ben lontano quindi dalle prerogative progressive di alcuni anni a venire), che avrebbe portato, dopo il suo abbandono, allo storico “Stand up” dell’anno successivo con il nuovo Martin Barre alle sei corde, perfetto per il sound del gruppo inglese. Nel mezzo, la breve parentesi con un certo Tony Iommi (sì, proprio quello dei Black Sabbath), ritenuto bravissimo ma non tagliato per quel genere musicale. La convinzione fu che con la sua band avrebbe fatto fortuna (per la cronaca: fecero centro!) e che si sarebbero presto rivisti on the road. Ma Mick Abrahams nel frattempo che faceva? Lui fondava i Blodwyn Pig, con cui poteva finalmente sentirsi libero di suonare e capeggiare come meglio gli pareva. Per ragioni discografiche avrebbe poi pubblicato altri album a nome proprio e della Mick Abrahams Band. Di rock progressivo, comunque, nemmeno l’ombra. Di conseguenza, perché questa nuova pubblicazione dovrebbe fare eccezione? Perché, soprattutto – lo si ripeterà ogni volta fino alla nausea, quindi rassegnatevi –, le case discografiche desiderano così ardentemente far indirizzare i propri prodotti verso canali che non sono di pertinenza? Cosa si dovrebbe dire, al riguardo? Che il primo chitarrista dei ‘Tull, nome storico quest’ultimo (anche) del prog, è tornato prepotentemente sul mercato e quindi intessere chissà quali lodi? No, tali affermazioni sarebbero altamente scorrette, sotto tutti i punti di vista. Ci si limita quindi a dire che questo ritorno (comunque salutato con tanta simpatia) è composto da diciassette canzoni, in parte dell’autore ed in parte cover di vecchi brani rock ‘n blues, e risulta essere suonato con genuina onestà grazie anche a dei personaggi di mestiere. Tra cui occorre citare il bravo Elliot Randall (ascoltatevi il suo “Randall’s island”, esordio del 1970) o lo stesso Martin Barre. Bella soprattutto “Summer Day” cantata da Peter Eldrige, posta con la sua energia ad aprire saggiamente l’album. C’è poi un DVD, in cui l’autore introduce il progetto (volto pare anche alla beneficenza) e si può assistere all’elaborazione di alcune session. Il prodotto è gradevole e magari vi potrà far passare una piacevole estate, anche se sembra comunque corretto rimandare all’ascolto dei vecchi lavori di Abrahams, che lo hanno a suo tempo visto protagonista. Senza mai comunque sfondare davvero. Del resto, certa stampa specializzata lo aveva definito una “stellina della costellazione Blues”. Ma il personaggio – puntualizziamolo – è comunque rimasto nel ricordo del tempo.
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Michele Merenda
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