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STATE URGE |
White rock experience |
Lynx Music |
2013 |
POL |
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A quanto pare i generi musicali sono veramente infiniti e ne nascono di nuovi in continuazione: ecco, infatti, un’altra band che prova a dare una pittoresca definizione per la propria musica, ribattezzata “White rock”. Non ci vogliamo, però, addentrare troppo in certe discussioni e preferiamo individuare immediatamente e con maggiore precisione il campo in cui si muovono gli State Urge, che, dopo due EP autoprodotti, con questo loro primo full-length non fanno altro che immergersi nel campo del new-prog, con riferimenti ai classici (Marillion e IQ), agli anni ’90 (Arena) ed anche a qualcosa di più vicino a noi e di più aggressivo (Riverside e ultimi Porcupine Tree). Siamo al cospetto di un quartetto formato da Marcin Bocheński alla batteria, Marcin Cieslik alla chitarra e alla voce Krystian Papiernik al basso e Michal Tarkowski alle tastiere. L’incipit strumentale “Third wave of decadence” fa capire già abbastanza il percorso musicale degli State Urge, con un inizio molto d’atmosfera e floydiano, per poi svilupparsi a cavallo tra new-prog e rock sinfonico. Se “Preface” indurisce un po’ i suoni e si fa più diretta, un po’ sulla scia degli Arena post “The visitor”, il seguito sembra voler fare avvicinare le diverse anime sonore intraviste in quest’inizio e spesso ci ritroviamo, all’interno dello stesso brano, ad accostamenti tra interessanti e validi spunti classicheggianti (merito di piano e tastiere) e slanci robusti che magari sorprendono per le dinamiche, ma che in realtà non convincono del tutto. Emblematici esempi sono “Time rush”, “Gaze” e “All I need”, in cui davvero si alternano momenti di limpida classe a spunti che lasciano ben più di un punto interrogativo. Le cose vanno molto meglio quando la band mostra una maggiore linearità, come le soluzioni spacey, le melodie malinconiche e quel pizzico di elettronica che caratterizzano “Long for you” e “Tumbling down”, oppure come gli otto minuti di “Illusion”, che ricordano un po’ gli ungheresi Solaris, un po’ i vecchi Marillion. Gli Stete Urge si mostrano preparati e affiatati (e degna di nota è anche la performance vocale di Cieslik) e anche se nel tirando le somme “White rock experience” strappa la sufficienza, bisogna dire che nel complesso questi musicisti dovrebbero inquadrare un po’ meglio gli obiettivi e trovare diversi equilibri per esprimere al meglio le loro potenzialità.
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Peppe Di Spirito
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