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DELIRIUM |
L'era della menzogna |
Black Widow |
2015 |
ITA |
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La reunion dei Delirium non è un fatto recente, dato che l'attività dei membri superstiti della formazione storica ha avuto un nuovo avvio agli inizi degli anni 2000. Da allora sono passati ormai quindici anni, tra concerti, un album dal vivo, una corposa antologia audio/video e due album di inediti, l'ultimo dei quali, "L'era della menzogna", è fresco di stampa per Black Widow. Ovviamente, come da copione, la formazione non è quella originale, e nel frattempo gli unici rimasti sono Martin Grice ed Ettore Vigo, accompagnati da una manciata di validi musicisti tra cui Alessandro Corvaglia alla voce, già conosciuto in ambito prog soprattutto per far parte della Maschera di Cera. "L'era della menzogna" segue a distanza di sei anni il precedente "Il nome del vento", che aveva gettato le basi per definire il nuovo sound della band, ovviamente adattato ai tempi. Ci troviamo di fronte ad un rock italiano diviso tra il progressive ed il genere cantautoriale, in un riuscito miscuglio melodico e con un forte risalto al cantato ed ai testi, incentrati sulla critica politico-sociale. Interessante a questo proposito notare la sorta di dichiarazione di intenti "International PROGressive Group" aggiunta al nome Delirium, a parafrasare, ovviamente con le dovute distinzioni, gli Area. Sin dal primo brano è evidente come le composizioni siano costruite sull'alternanza tra canzone e sezioni strumentali, con incastri precisi e ben equilibrati. Di norma non prevale prevale nessuno dei due aspetti, eccetto in "L'angelo del fango", nettamente più melodica, e nella lunga "Il castello del mago Merlino", in cui prevale invece la forma progressiva. I due brani rappresentano in pratica le due facce dell'album, costituito per la restante parte da materiale in bilico tra questi estremi. Gli arrangiamenti sfociano spesso nell'hard rock ("L'inganno del potere"), in qualche deviazione jazzata ("La deriva") e ci sono un paio di brani ritmati leggeri ma gradevoli ("Fuorilegge", che mi ha fatto venire in mente il sound di "Passpartù" della PFM e "La voce dell'anima", più tendente al pop), mentre tra le tracce più progressive è da ricordare anche "Il nodo", costruita come da tradizione su varie sezioni. Il disco è nel complesso facilmente ascoltabile e abbastanza vario. Si avverte che l'obiettivo nella realizzazione era di puntare molto sulla costruzione melodica, in modo da rendere ogni brano riconoscibile e di facile memorizzazione. Buono anche lo sforzo per rendere interessanti gli arrangiamenti, che privilegiano molto i fiati di Martin Grice (soprattutto il flauto) e virano di tanto in tanto verso l'elettronica, soprattutto nella parte ritmica. Questi accorgimenti contribuiscono a definire il carattere di tutto il lavoro, ed a rendere l'ascolto di "L'era della menzogna" piacevole e mai banale, seppure non impegnativo, a dimostrazione del fatto che, a più di quarant'anni da "Jesahel" e con tanta acqua passata sotto i ponti, la voglia di proporre qualcosa di fresco rimane ancora.
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Nicola Sulas
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