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SAMMAL |
Myrskyvaroitus |
Svart Records |
2015 |
FIN |
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Dopo appena due album e mezzo, compreso il presente, questi Sammal vengono considerati tra i nuovi gruppi guida del rock finnico, venendo citati come riferimento da altri artisti e guadagnandosi una buona fetta di popolarità anche al di là dei freddi confini scandinavi. L’album di esordio era frutto essenzialmente del lavoro di due persone (il cantante Janu Kiviniemi e il chitarrista Jura Salmi) mentre questo “Myrskyvaroitus” (“Storm Warning”) è un lavoro di gruppo e ciò che ne scaturisce sono 9 tracce potenti, risalenti direttamente al 1971 o giù di lì, fatte di muschio (sammal, in finlandese) umido e grondante, con uno Hammond ruggente che pare sia in procinto di scassarsi da un momento all’altro e una chitarra che sferra feroci sciabolate. Jura Salmi ha avuto modo di dire: “Volevamo sbarazzarci dei paragoni coi Deep Purple e i Black Sabbath […]. Come influenze principali in sala prove e in studio avevamo Vangelis, Moody Blues, il Jazz scandinavo e il rock psichedelico turco d’inizio anni ’70”. Parzialmente vero, direi, dato che comunque non possiamo fare a meno di percepire ancora le ombre inquietanti di Deep Purple e Black Sabbath (ma anche Uriah Heep) che volteggiano costantemente sopra di noi mentre ascoltiamo questo dischetto, assieme alle atmosfere decisamente svedesi (Hansson & Karlsson, Trettioåriga Kriget, Blåkulla, Egba…), a dispetto del cantato nella sempre particolare (e un po’ buffa) lingua finlandese. Un classico hard-blues psichedelico, con non poche influenze jazz, costituisce il solido terreno su cui poggia la musica che ci propone la band di Turku, con groove quasi sempre ben azzeccati e coinvolgenti. La bella e trascinante prima traccia “Stormvarning” è un potenziale singolo di buon successo che acchiapperà da subito l’ascoltatore che ci si dovesse imbattere, un brano che si farà apprezzare anche dai vostri restii amici, qualora li voleste coinvolgere nell’ascolto. Una tagliente chitarra ci introduce poi nella frastagliata “Järjen ohimarssi”, in cui il declamatorio cantato duella con la stessa chitarra e un quanto mai aggressivo Hammond per prendere il sopravvento, fino a che il brano non sfocia in un accenno di gånglåt svedese per proseguire poi in una jam ipnotica e riprendere poi il duello iniziale a colpi di sciabola. I brani successivi, “Samaan arkeen” in testa, continuano a colpirci alla pancia con ritmiche aggressive, mood cupi ed inquietanti, castelli ed archi sonori che si stagliano sulle nostre teste e minacciano di stordirci definitivamente per poi lasciarci, nudi e inermi, nel mezzo di una umida e buia foresta finlandese. Ricominciamo a respirare un po’, ma non a tranquillizzarci, con “Aika on alkamassa” che ha un incedere più ritmato e blues. Il finale dell’album, con le ultime tre tracce, è in calando emotivo: “Sulle haavan tein” ha un umore decisamente rilassato e romantico e scorre via liscia e senza intoppi verso il minuto e poco più di “Kohti pintaa” il quale a sua volta ci porta alla conclusiva “Herätkää!”, il brano più lungo dell’album (10 minuti circa) che tuttavia si presenta come un lungo strumentale decisamente in contrapposizione con la prima parte dell’album per i suoi momenti pacati che cedono il passo solo ad una sfuriata controllata che ormai non ci spaventa più, per sfumare poi molto lentamente verso l’oblio. “Myrskyvaroitus” finisce dunque qui, senza neanche farcene accorgere; dopo averci inquietato e gelato il sangue, decide di andarsene così, quasi in punta di piedi. Ci resta un senso di trepidazione che ci porta a riflettere sul fatto che l’album è sì bello, ha dei suoni quasi live e decisamente vintage che non possono non blandire qualsiasi appassionato di Prog, ma che forse non è il caso di ascoltarlo in una notte piovosa…
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Alberto Nucci
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