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FLUIDO ROSA |
Le vie dei sogni |
Ma.Ra.Cash |
2016 |
ITA |
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Dall’alto della ventennale esperienza come tribute band dei Pink Floyd e della presenza nelle proprie fila di musicisti di ottimo spessore che vantano numerose collaborazioni a livello professionale, dai Goblin Rebirth (Danilo Cherni e Roberta Lombardini) alla live band che accompagna Antonello Venditti (lo stesso Cherni, Derek Wilson e Maurizio Perfetto), era lecito attendersi da parte dei Fluido Rosa un album di debutto di buon livello e sicuramente ben realizzato, ancorché geneticamente ed idealmente legato alla musica di Gilmour e soci. Forse la sfida più grossa che hanno dovuto affrontare i musicisti nel realizzare quest’album è proprio quella di mantenersi in equilibrio (talvolta precario) tra gli inesorabili ed inevitabili legami con le sonorità floydiane e la realizzazione di musiche personali. Il risultato ci parla di 11 canzoni di durata piuttosto contenuta, decisamente poco sbilanciate su soluzioni ardite o complesse, prediligendo armonie assestate sul versante pop rock, con ricorso a ritornelli, melodie spesso di ampio respiro e parti strumentali che di frequente si mantengono in bilico tra Pink Floyd e i Pooh (e non voglio necessariamente associare a questo paragone solo accezioni negative). La auspicata professionalità messa in campo dai musicisti è innegabile e la possiamo constatare agevolmente fin dal primo ascolto; l’album è ben realizzato e le canzoni godono senza dubbio di arrangiamenti ben fatti, consentendo di poter apprezzare appieno ciò che il gruppo vuole proporci, nella sua miglior forma. L’alternarsi di due ottimi vocalist come Roberta Lombardini e Gabriele Marciano, i bei riff e assoli di chitarra di Perfetto (sue le cose migliori nell’arco dell’intero album), senza voler sminuire il ruolo degli altri, riescono comunque a farsi perdonare qualche melodia di troppo facile fruizione. Un brano come “Ipazia” (ah… se fosse stato sviluppato un minimo di più….!) vale da solo un terzo dell’album. Purtroppo non riusciamo ad essere sempre così benevolenti: se anche “Besviva”, col suo andamento tra il blues e il tecnologico, ci propone qualcosa di interessante, altre canzoni ci sembrano decisamente anonime o fin troppo ammiccanti (“Antitesi”, “Lamento in morte di Garcia Lorca”). In generale ci troviamo alle prese con un gruppo in cui l’anima Prog non è certamente maggioritaria e svolge un ruolo accessorio, di certo marginale. L’album si conclude con la breve “A Sylvia”, una deliziosa parafrasi acustica leopardiana, e rimaniamo nel dubbio se abbiamo appena ascoltato un bell’album pop o un annacquato disco Prog. Giova comunque ribadire, se non lo abbiamo ancora fatto, che la sapienza tecnica e strumentale della band è di assoluto livello e questo può consentire di passar sopra ad altre mancanze… se tali sono.
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Alberto Nucci
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2016 |
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