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MOOGG |
Italian luxury style |
Mellow Records |
2016 |
ITA |
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Risulta piuttosto difficile ormai scovare band che, nell'attuale panorama del rock progressivo, non siano fortemente ancorate ad un passato che si ostinano a voler rivivere e riproporre, talvolta in maniera quasi sterile. Non sono pochi, se ci guardiamo intorno, gli esempi musicali che peccano di ripetitività, intrappolati in sonorità e rigidi stilemi da cui inizialmente prendere soltanto spunto. Fortunatamente però, esistono piacevolissime eccezioni e i Moogg sono senz'altro una di queste. Il quartetto bresciano, che ci già ci aveva deliziato nel 2011 con lo splendido esordio "Le ore i giorni gli anni", ci dà oggi un'ulteriore conferma di quanto brilli di luce propria. Il richiamo nelle loro note ad un sound anni settanta è sempre palpabile ma ampiamente controbilanciato da un gusto strettamente personale che emana freschezza e sa di contemporaneità. E' proprio così che si presenta "Italian luxury style", atteso per cinque lunghi calendari dagli amanti del genere, compresa la sottoscritta. Con gioia scopro, fin dal primo ascolto, che né il lungo periodo trascorso dalla precedente pubblicazione, né la sostituzione del bassista Gianluca Avanzati con il nuovo Roberto Matiz, abbiano in qualche modo compromesso il risultato finale. Sebbene lo collocherei un gradino sotto al loro primo lavoro in studio, quello che abbiamo fra le mani è un disco innanzitutto bello, corposo, in grado di scorrere fluidamente anche dopo diversi ascolti. Stilisticamente influenzato da gruppi storici come Hatfield and the North, Le Orme e i Caravan (giusto per dare un'idea di riferimento), quest'album perlopiù strumentale muove i suoi passi su territori canterburyani e jazz rock, avvalendosi di elementi fusion magistralmente incastonati ad altri più briosi di matrice funky. Già il brano d'apertura "Italian luxury I" abbraccia tutte le succitate sfumature ed evidenzia l'imprinting della band; vi dirò, in termini di coerenza e continuità, non mi sarei affatto sorpresa se cinque anni fa avessi visto questo brano seguire "Welfare botanico". Dopo una breve intro, siamo subito avvolti da un'atmosfera ilare, resa possibile da eleganti linee di basso con i suoi puntuali stoppati, dal ritmo incalzante della batteria guidata da Marco Dolfini e dalle digressioni chitarristiche di Ivan Vanoglio, seguite da quelle di Toni Gafforini (tastiere). Ciascuno strumento si esprime al meglio e gode dei propri spazi senza mai prevaricare gli altri e contribuisce a dar vita ad un compatto nodo musicale tanto ricercato quanto melodico. Ogni dettaglio è minuziosamente curato e sempre ben inserito, tutto convoglia verso una spirale sonora ricca di luci e colori sgargianti dal profumo vintage. I riff, semplici ed efficaci alla base, si articolano in sovrapposizioni strumentali più complesse di scale, dissonanze e controtempi, come si può notare ad esempio in "Nani, veline e cortigiani". Inoltre, la disinvoltura con cui i Moogg alternano fasi sonore più robuste e frizzanti ad altre più dolci, genera dei separé emotivi nell'ascoltatore, che è sempre coinvolto e portato in modo naturale a mantenere alta la soglia d'attenzione. In quanto a dolcezza, non posso fare a meno di menzionare "Turista per sempre", un viaggio molto soft dai toni caldi e pacati, e "Due come noi", dove la chitarra acustica - piuttosto inusuale per la band - sprigiona un romantico sapore mediterraneo. Un plauso a mio avviso doveroso va rivolto al batterista Marco Dolfini che, oltre a regalarci estrose ed eccezionali parentesi ritmiche, si occupa ancora una volta delle parti vocali, dignitosamente eseguite. I testi da lui cantati affrontano le peculiari problematiche sociali che affliggono il nostro Paese; una sorta di denuncia poetica della mediocrità incombente, dell'apparire come priorità e di un'ignoranza dilagante ben camuffata (L'estinzione del congiuntivo). Tematiche queste che donano un valore aggiunto e una salda impronta culturale all'intero album. Anche la grafica della cover detiene un rimando culturale da prendere in considerazione: suppongo si sia preso spunto dal famoso pittore olandese Mondrian, il quale affermava: "Cosa voglio esprimere con la mia opera? Niente di diverso da ciò che ogni artista cerca: raggiungere l'armonia tramite l'equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici. Solo in modo più nitido e forte". Contestualizzandole in uno scenario musicale, i Moogg potrebbero tranquillamente far proprie queste parole. La musica, oggi, ha bisogno di artisti come loro.
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Silvia Giuliani
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