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LEON ALVARADO |
The future left behind |
Melodic Revolution Records |
2016 |
USA |
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Tempo di concept album per Leon Alvarado, il tastierista americano che in questi ultimi anni si è fatto notare per aver eseguito alcuni discreti lavori con l’appoggio di nomi illustri, l’ultimo dei quali è l’EP “Music From An Expanded Universe”, suonato con il contributo di Trey Gunn e Jerry Marotta; anche per questo nuovo ed ambizioso cd Alvarado è riuscito ad ottenere la partecipazione di un paio di nomi importanti come Rick Wakeman e Billy Sherwood, mentre per il mastering è stato coinvolto ancora una volta Andy Jackson, come noi ben sappiamo produttore dell’ultima fase dei Pink Floyd… In “The Future Left Behind” Leon Alvarado continua sulla stessa strada tracciata del suo ultimo EP, quindi progressive rock dall’impronta classica e sinfonica, quasi del tutto strumentale con intermezzi narrativi, con qualche tendenza vagamente modernista ed elettronica funzionale con un concept fantascientifico basato su un racconto breve scritto da Alvarado la cui storia gira intorno ad una società futura distopica e gettata nel caos su un pianeta Terra ormai quasi del tutto prosciugato delle proprie risorse e dove l’unica possibilità di sopravvivenza per la razza umana (almeno quella più ricca!) è quella di emigrare verso lo spazio esterno presso enormi stazioni orbitanti oppure direttamente sugli avamposti di Marte… La musica rappresenta il punto di vista di un comune terrestre costretto ad arrangiarsi nella precarietà e povertà della futura Terra, sognando una via di riscatto che in fondo non è nient’altro che il bisogno di trovare le giuste persone con cui stare bene insieme, al di là delle difficoltà materiali. L’impronta musicale di “The Future Left Behind” è quella di un rock sinfonico abbastanza canonico venato da interessanti aperture atmosferiche dall’afflato spaziale piuttosto ampio e marcato. Nonostante la presenza di nomi pesanti del progressive il risultato forse non è all’altezza delle aspettative, non tutto il materiale proposto sembra messo del tutto a fuoco e qua e là mi sembra di percepire un vago senso di approssimazione negli arrangiamenti, come se ci fosse stato il bisogno di chiudere l’esperienza in fretta senza approfondirla più del dovuto… Rimangono schegge di piacevoli intuizioni e momenti di notevole perizia tecnica, specialmente in alcuni tocchi di classe della chitarra elettrica di Sherwood; questo è comunque un cd che rende meglio con l’ascolto di un buon paio di cuffie per assaporare meglio i dettagli sonori usati come suggestivo sfondo per gli interventi solistici. Viene da pensare che Alvarado abbia forse scelto la strada più facile del romanticismo senza calcare troppo la mano su tematiche che in realtà potrebbero risultare sin troppo impegnative, l’ascolto è alla fine più vicino alla colonna sonora di una piccola favola sci-fi, un po’ alla Ayreon, che non va più di tanto in profondità… Ad Alvarado il talento non manca, serve un po' di libertà in più per uscire fuori dai soliti schemi...
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Giovanni Carta
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