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METAMORPHOSIS |
The turning point |
BlackRabbit Records |
2016 |
SVI |
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Nuova svolta nella vita di questo progetto del musicista svizzero Jean Pierre Schenk: dopo aver dato vita da solo all’entità Metamorphosis, ormai più di 15 anni fa, dopo aver messo su un vero gruppo attorno a sé e dopo averlo perso, ecco il nostro di nuovo alla guida di una vera band, assieme alla quale giunge a pubblicare il suo quinto album, a distanza di quasi 8 anni dal precedente. A dire il vero, comunque, c’era già stato un EP pubblicato nel 2011 assieme a parte dei musicisti qui presenti. Cosa è cambiato quindi, musicalmente parlando? A grandi linee, poco: le influenze musicali ci parlano ancora di un Prog moderno, più spostato verso Riverside (senza le loro derive metal), Porcupine Tree, Saga, a discapito delle vicinanze Genesis-floydiane degli inizi. In pratica, l’ennesima band del genere (si intuisce la mia passione per queste sonorità?). Alla resa dei conti, l’album, come sempre peraltro, è abbastanza ben realizzato, con precisione svizzera e senza i sapori troppo artificiali dei periodi in cui Schenk faceva tutto da solo. Jean Pierre questa volta si occupa unicamente delle parti vocali (oltre che della composizione dei brani, ovviamente), il che non è che rappresenti una notizia particolarmente positiva, non essendo mai stato il cantato il suo punto di forza. OK, c’è di peggio, è innegabile… Gli 8 brani presenti su “The Turning Point” sono ad ogni modo ben suonati e fortemente caratterizzati dall’incessante gioco di chitarra di Olivier Guenat, collaboratore ormai da tempo di Schenk, anche se in passato il suo apporto si era limitato a brevi contributi su una traccia o due degli ultimi album. Il ruolo delle tastiere di Gabrielle Maeder è essenzialmente di contorno e in maggior parte funge da tappeto sonoro; anche la sezione ritmica, pur barcamenandosi egregiamente, fa poco di più che sottolineare i continui riff, armonie ed assoli chitarristici. I brani si snodano quindi in maniera pressoché uniforme, potendo annoverare ben poche accelerazioni o comunque variazioni da un continuo incedere che si mantiene costantemente ai limiti del Prog Metal, con atmosfere abbastanza dilatate ma mai eteree. In qualche modo viene alla mente anche qualcosa degli Eloy, unico retaggio simil-floydiano rimasto nella musica dei Metamorphosis. Alla resa dei conti, nulla di imperdibile, per quanto mi concerne; è senz’altro apprezzabile la stabilità ritrovata di una line-up completa ma il nuovo corso di questo progetto musicale non riesce proprio ad entusiasmare.
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Alberto Nucci
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