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HABELARD2 |
Hustle & bustle |
CS Records |
2017 |
ITA |
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Quarto album per il progetto solista di Sergio Caleca (degli Ad Maiora) sotto il nome di Habelard2, a pochi mesi da “Maybe”, uscito sempre nel 2017. In “Hustle & bustle” Caleca, come nei primi due album in proprio, si occupa di tutti gli strumenti, dal basso alle chitarre e alle tastiere con le quali “riproduce” il sax, la batteria, gli archi, l’oboe ed altri strumenti ancora. Tredici brani interamente strumentali concepiti a partire dagli anni ’90 (uno addirittura nel ’77…) e poi riarrangiati, anche più volte, fino alla versione definitiva presentata sul cd. Come già in “Maybe” la proposta di Caleca va a “scomodare” i primi Genesis, i lavori d Anthony Phillips e Steve Hackett, non dimenticando le seducenti melodie proprie dei Camel o dei Caravan, innervandoli, qua e là di sentori folk. Certamente la produzione “casalinga” e l’occuparsi di ogni aspetto del lavoro, presenta dei limiti oggettivi ma Caleca, con l’esperienza, con gusto e sensibilità riesce ad ovviare, almeno parzialmente, a tali “difetti” e presenta un lavoro credibile e meritevole. Non manca il “divertissement” come la rielaborazione di “Fra’ Martino campanaro”, “Frère Jacques”, posto ad inizio album; né il “sinfonico” con un pizzico di malinconia come in “Alice” (uno dei brani più recenti e con meno restyling); tantomeno la raffinata eleganza di “Folk e martello”, deliziosamente acustica prima, decisamente più rock poi. Ed ancora un viaggio in Irlanda nella gioiosa “Celtic dream” con cornamuse, flauto, viola, arpa (sempre riprodotti con le tastiere) ad accompagnare la strumentazione elettrica. C’è spazio per un gustoso jazz-rock in “Cinc ghei pusè ma rus” (dialetto milanese…) e per la nostalgica “Seventies” (il brano più “vecchio” del lotto, come da titolo…) dolcemente acustica. Bella anche la title-track molto keyboards-oriented e la sinfonica “Finalino” posta ovviamente… in coda all’album. Ennesimo discreto lavoro per questo tastierista/chitarrista ultimamente molto prolifico ed anche ispirato. Il punto interrogativo è rappresentato dall’autarchia artistica e dalla conseguente assenza di un supporto “reale” di alcuni strumenti che ovviamente avrebbero dato più “profondità” al sound ed anche maggior coesione al lavoro. Evidentemente il desiderio di far sentire la propria musica e qualche difficoltà “logistica” hanno spinto Caleca a questa scelta autonoma ed il risultato è comunque soddisfacente.
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Valentino Butti
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