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Ormai da parecchi anni gli OAK, la creatura del polistrumentista Jerry Cutillo, si divide tra l’attività di ottima cover band (anche se è senz’altro riduttivo questo termine), principalmente dei Jethro Tull, e una ricca, ancorché misconosciuta, carriera fatta di musica originale con diversi album all’attivo. Questo “Giordano Bruno” forse è il suo progetto più ambizioso, un lungo album (pubblicato anche su doppio LP) dalla lunga gestazione, ispirato e dedicato al filosofo condannato al rogo per eresia nel 1600. Accanto a Cutillo, autentico fac-totum del progetto (voce, flauto, chitarra acustica, tastiere, basso, mandolino, campane tubulari), c’è un nugolo di ospiti comprendenti David Jackson, Richard Sinclair, Maartin Allcock, Sonja Kristina, Jenny Sorrenti, Derek Wilson e vari altri. Da notare che il nome della band subisce una piccola modifica: mentre ormai da anni il nome OAK veniva esplicitato in “Oscillazioni Alchemiche Kompresse”, l’ultima parola viene ora sostituita con “Kreative”. Difficile stare dietro alla narrazione di quest’album, dalle caratteristiche peraltro molto teatrali, per la quale è senz’altro necessario tenere a portata di mano il booklet. Anche senza di esso comunque possiamo intraprendere l’ascolto senza grossi impegni, lasciandoci avviluppare dall’opener strumentale “Campo dè Fiori” che si sviluppa in crescendo, con note avvolgenti di organo e tastiere che lasciano solo temporaneamente spazio al flauto. Il resto della prima facciata del primo LP è abbastanza interlocutoria, con tre tracce tra cui due brevi intermezzi e una canzone (in latino) di cui segnaliamo il bell’assolo di sax di Jackson. Il lato B è caratterizzato dalla coppia di canzoni “Circe” e “Diana/Morgana”, entrambe con tonalità suadenti. Nella prima delle due l’onnipresente flauto detta spesso l’andatura e il brano si chiude con un’ottima parte strumentale. La seconda è incentrata sulla voce di Sonja Kristina, soffusa e quasi complice nei toni, contrappuntata dai vocalizzi di Valentina Ciaffaglione. “La cena delle beffe” invece è uno strumentale con ritmiche ripetitive ma un sax un po’ buffo e barocco. Il secondo LP si apre con “Dreams of Mandragora”, interpretata splendidamente da Richard Sinclair la cui voce da sola è sufficiente a teletrasportarci a Canterbury. “Danse Macabre”, graziosa rielaborazione della canzone di Camille Saint-Saëns, col flauto in primo piano, e la successiva “The Globe”, breve brano acustico molto tulliano, ci intrattengono piacevolmente nell’attesa di “Wittenberger Fuchstanz”, bel pezzo Prog sinfonico interpretato da Cutillo (in tedesco stavolta) e Jenny Sorrenti, in splendida forma, direi. L’ultimo lato dei vinili inizia con “Un valzer per il Mocenigo”, brano dalle atmosfere oscure ed inquietanti con un flauto imperversante, seguita da “Sandali rossi”, il brano più lungo dell’album, dall’inizio cantautoriale ma che si sviluppa poi su territori più tipicamente Prog, in bilico tra VDGG e Jethro Tull… un po’ come peraltro gran parte di quest’album; album che si chiude poi con “Campo dè Fiori reprise”. A momenti questo nuovo lavoro di Cutillo è addirittura entusiasmante, in altri forse i livelli sono un po’ più modesti; l’album in effetti non è proprio compatto e talvolta gli umori altalenanti rischiano di far calare il mood. A conti fatti il bicchiere è comunque ben più che mezzo pieno; l’ascolto di “Giordano Bruno” vale la fatica fatta dal buon Jerry nell’allestirlo in tutti i suoi aspetti in tempo per la pubblicazione del 17 febbraio, nell’esatto giorno dell’anniversario della morte del filosofo eretico.
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