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SUBSIGNAL |
La muerta |
Gentle Art of Music |
2018 |
GER |
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Nati da una costola dei Sieges Even e precisamente dall’accoppiata composta dal chitarrista Markus Steffen e dal cantante Arno Menses, i Subsignal giungono con “La muerte” al loro quinto album. Il nuovo innesto Markus Maichel alle tastiere va a completare la line-up insieme ai veterani Ralf Schwager e Dirk Brand che formano la solida sezione ritmica. Il titolo e la copertina del cd potrebbero far presagire una virata verso l’oscurità e verso lidi inquieti e disturbati. Bene, nulla di più sbagliato! Una partenza breve e strumentale, in pieno stile Rush, con “271 days” è seguita dalla title-track che ci fa immergere nel pieno del lavoro. La guida sicura di una chitarra elettrica dal suono liquido fa da apripista ad un brano che unisce tecnologia, aggressività e melodia. Saranno le linee guida dell’intero disco; 53 minuti in cui la band mette in chiaro il proprio stile, recuperando solo in parte certi indirizzi cari ai Sieges Even e prestando molta attenzione al feeling. Un feeling ricercato soprattutto nell’immediatezza delle parti vocali e non è un caso che i Rush della seconda metà degli anni ’80 facciano costantemente capolino durante l’ascolto. Come il celebre trio canadese di quel periodo i Subsignal evitano prolissità, si concentrano su pezzi che raramente vanno oltre i sei minuti, adottano soluzioni tecnologiche ed elettroniche che si inseriscono bene nel contesto, ma non perdono di vista quelle soluzioni strumentali fortemente legate al mondo del progressive. Forse non tutto è ben focalizzato e in qualche occasione sembra che la voglia di dare linee melodiche di impatto porti a soluzione vicine ad un A.O.R. senza troppo cuore (“The bells of lyonesse”) o addirittura ad un synth-pop fin troppo spensierato (“Even though the stars don’t shine”, nonostante una corrosiva parte chitarristica prima del finale). Restano, però, maggiormente impresse le note positive, grazie ad alcuni pezzi di grande qualità che faranno felici chi ama l’energia vibrante accompagnata da ritmi complessi e in continua variazione, un sound vigoroso e incastri intriganti e abili tra i vari strumenti. Basta ascoltare “Every able hand”, l’epica “The passage” (forse la composizione migliore del lotto), o le solite influenze Rush ben centrate in “When all the trains are sleeping”, per rendersene conto. Non manca anche un aggraziato e breve pezzo guidato dalla chitarra acustica, “Teardrops will dry in source of origin”, che concede un piacevolissimo attimo di respiro ed eleganza. Splendido, infine, il tassello finale rappresentato dalla ballad “Some kind of drowning”, delicato brano sorretto dalle note del piano e da due voci, visto che in questa occasione Menses è accompagnato dalla bravissima cantante degli Iamthemorning Marjana Semkina. Concludendo, diciamo che “La muerte” resta un disco imperfetto, a causa di un paio di cedimenti, ma nel complesso offre tanti momenti di qualità e scorre abbastanza bene. I Subsignal si confermano, così, band affiatata, che sembra aver chiaro il percorso che intende seguire e che si avvale di una produzione limpida (curata da Yogi Lang e Kalle Wallner degli RPWL), efficace e che favorisce ulteriormente la buona riuscita di quest’album.
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Peppe Di Spirito
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