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POTEMKINE Foetus Pôle Records 1976 (2019 Replica Records) FRA

Prima ancora di parlare di questo gruppo di Tolosa, trovo doveroso presentarvi la Replica Records, un’etichetta indipendente affiliata alla nota Musea e a La Face Cachée, negozio di dischi di Metz, che si occupa di ristampe ufficiali in vinile di classici del prog e dell’avanguardia francese con un catalogo in continua crescita che vanta pezzi interessantissimi. Fra questi c’è sicuramente “Foetus”, l’esordio dei Potemkine, tornato alla luce, oggi come nel 1976, su un meraviglioso supporto a 33 giri. E devo dire che ammirare e maneggiare la ampia e lucida copertina fresca di stampa nel suo cellofan è una bellissima emozione. Questo album, inizialmente edito per la piccola etichetta di Paul Putti del gruppo di elettronica Pôle, fu in passato ristampato soltanto dalla Tapioca nel 1978, alla quale la Pôle Records vendette tutti i master in suo possesso. Va da sé che gli esemplari in giro non sono moltissimi e questa potrebbe essere l’occasione giusta per riassaporare quello che può essere considerato a tutti gli effetti come un piccolo e vecchio classico del prog d’avanguardia francese. Per realizzarlo i fratelli Charles (chitarra e voce), Michel (piano elettrico ed acustico e voce) e Philippe (batteria) Goubin, partirono dalla messa a punto del loro studio di registrazione, il Tangara, lo stesso dove verranno registrati gli album del celebre Verto degli Etron Fou, degli Art Zoyd e di Cyril Lefebvre. I tre si occuparono in prima persona della registrazione, che avvenne nel 1976 su un due piste della Revox, del mixaggio e della copertina. Ma le loro iniziative non si fermano qui: l'attività del gruppo ruotava attorno alla Tartempion, organizzazione no profit che si occupava di organizzare concerti e festival e che era al tempo stesso rivista e negozio di dischi e che più tardi diventerà anche etichetta discografica, il tutto gestito sempre dai poliedrici Goubin i quali garantiranno ai Potemkine una ampia attività concertistica in Francia con alcune date persino come opener dei Magma.
Nulla è stato lasciato al caso e persino il monicker è stato attentamente studiato e scelto per la potenza del suo suono che potrebbe ricordare qualcosa di kobaiano.
Il trio di base è completato da Dominique Dubuisson al basso e al contrabbasso e da Xavier Vidal al violino e la formula musicale che ne deriva è un jazz rock soft e cupo che a tratti potrebbe ricordare gli Zao, in una versione più sfumata.
La traccia di apertura, “Foetus”, svela subito le sue morbidezze Canterburyane con vocalizzi che scivolano via su una trama musicale essenziale ma ben articolata. La chitarra arpeggiata crea flussi sonori suadenti, corroborata dal piano elettrico, mentre la batteria ha dei tratti ben scolpiti. La complessità del pezzo cresce con garbo facendo pendere sempre più la bilancia sul versante jazz, col violino elettrico e la chitarra acida che aleggiano fra miraggi sinfonici ed echi della Mahavishnu. “Zed” possiede invece un impatto inizialmente fusion ma con una parte centrale sinfonica e delicata, stranamente meditativa e dai tratti quasi orientaleggianti. Le onde del mare, una campana stonata, rumori ambientali e una voce fra il lamento e la preghiera ci conducono attraverso la “Nuit Sur Le Golan”. Quando entrano infine gli strumenti lo fanno in modo interlocutorio, adagio, riempiendo a poco a poco un paesaggio di desolazione ma tutto dura poco, come una visione fugace che prelude alla successiva traccia, quella che chiude il lato A: “Ballade”. E’ il violino che entra al centro della scena doppiato da vocalizzi che ne seguono le sinuosità. Il piano è lontano e le melodie sono filiformi e stranianti finchè la musica non sboccia con decisione alternando esplosioni strumentali sofisticate, dal sapore jazz fusion, a momenti più rarefatti, in un’altalena di colori e sentimenti. Il piano elettrico ci regala momenti esaltanti, i ritmi sono ben concatenati e fluttuanti ed il violino riesce a dominare sia i momenti più concitati e complessi che quelli più rarefatti. L'insieme musicale è coinvolgente ed il tutto è suggellato da un finale quasi Magmatico. “Hymne”, tagliente e speziata, apre il lato B ed è dominata dalla chitarra elettrica che galvanizza la musica per poi ritirarsi nei momenti opportuni, dando risalto agli aspetti più sinfonici. “Loolit”, oscura, scandita da una batterista ossuta, è attraversata dalle note buie del piano elettrico. La chitarra ruba la scena con assoli intriganti, seguita dal violino che assieme ai vocalizzi crea suggestioni che ci riportano agli Zao. “Cedille” possiede una poesia sorprendente con le sue corde pizzicate che vibrano ed il piano glaciale. La musica spenta è incredibilmente romantica, con suggestioni da pellicola in bianco e nero. Quello di “Laure” è un jazz rock sofisticato e luminoso, con violino e piano elettrico in evidenza, “Cycles” dura appena due minuti ma è intensa. La musica avanza con leggerezza e ciclicamente fino ad esplodere in un soft jazz dai riflessi sinfonici ricco di energia e dalle sfumature etniche. L'album si chiude in appena 38 minuti con le sue suggestioni che oscillano in numerose direzioni.
Per il secondo album, “Triton”, il più avventuroso di tutti, alla Tangara venne inaugurato un nuovissimo 8 piste. Il gruppo si ridusse a trio ma la musica si arricchì di interessanti contaminazioni, fra le quali risplendono elementi di musica contemporanea che fanno capo a Varèse e Debussy che si mescolano al consueto ed elegante jazz rock di stampo europeo. Il terzo ed ultimo disco, “Nicolas II”, uscito nel 1978 per la Tartempion, doveva avere un approccio più diretto ed uno spirito live e per questo venne registrato dal vivo in studio senza sovra incisioni. L’anno successivo, quando i Potemkine stavano preparando il loro quarto album, Charles rimane vittima di un pirata della strada ed il disco non vedrà mai la luce. A corollario ricordo che la discografia dei Potemkine è completata dal singolo “Mystère/Rictus”che si colloca agli albori della loro carriera e che venne pubblicato nel 1974 dall'etichetta Disques Polymnie.



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Jessica Attene

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