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POTEMKINE Triton Voxigrave 1977 (Replica Records 2021) FRA

Il tritono, l’intervallo di quarta aumentata formato da tre toni interi, è fra i più sinistri e dissonanti nella scala diatonica. Di difficile intonazione, raramente veniva usato nella musica sacra e proprio perché si pensava fosse opera del demonio, nel Medio Evo se ne proibì l’uso. “Mi contra fa est diabolus in musica” recitava un motto attribuito a Guido d’Arezzo, dove il mi e il fa sono quelli separati da 6 semitoni, forse come ammonizione per evitare dissonanze che in ambito religioso sarebbero risultate decisamente fuori luogo. Ecco quindi che “Triton” è un titolo emblematico per suggellare un album tetro e crepuscolare come questo secondo LP dei Potemkine.
Ad appena un anno dall’album di esordio, lo splendido “Foetus”, il gruppo di Tolosa si ritrova ridotto ad un trio. Con la partenza di Michel, il pianoforte viene suonato ora dagli altri due fratelli Goubin, il percussionista Philippe ed il chitarrista Charles. A loro si affianca ancora il bassista Dominique “Doudou” Dubuisson mentre viene meno l’operato del violinista Xavier Vidal. Questo cambio di assetto spiega l’evoluzione stilistica della band, le cui sonorità si spengono ulteriormente divenendo meno orchestrali e si aprono ancora di più verso contaminazioni interessanti col jazz ma soprattutto con la musica contemporanea, dando vita ad un’opera avventurosa e singolare.
Per la registrazione di questo nuovo lavoro i Potemkine inaugurano nel loro studio di registrazione, il Tangara, un nuovissimo 8 piste con un equipaggiamento che comprende i synth della RSF, una celebre ditta di Tolosa il cui primo modello era uscito sul mercato appena un anno prima, e si avvalgono di un ottimo tecnico del suono, il chitarrista dei Dague, François Artige, che aveva già lavorato all’esordio degli Art Zoyd e dei Verto di Jean-Pierre Grasset.
“Asyle” è una porta verso un mondo oscuro: seguendo gli impulsi irregolari del basso ci addentriamo in un sottofondo ricco di dettagli, con aperture cameristiche che ricordano Bartók, eleganti ritmi spezzati ed oscillazioni che ci spingono a più riprese verso il jazz. “Crepuscola” è un capolavoro infernale. Le parti corali, che emergono da un sottobosco oscuro di suoni, hanno un sapore Zeuhl. Il piano è glaciale e le atmosfere sono spettrali. Il brano si snoda sinuoso, misterioso e lento, sbocciando infine con le sue gentili fragranze Canterburyane. Chiude il lato A del vinile, perché di una splendida ristampa in vinile stiamo parlando, “Loolit II”, una rielaborazione più asciutta dell’omonima prima versione che possiamo trovare in “Feutus”, ad essa molto affine.
Il lato B si compone di una prima traccia più breve, “Liberserim Urb Et Chant De Viamor”, che si ricollega molto all’universo sonoro degli Zao, ed una lunga “Eiram” che raggiunge i 14 minuti e mezzo. Ci accorgiamo che il titolo di questo pezzo conclusivo non è altro che “Marie” al contrario e questo particolare ha effettivamente in sé qualcosa di sinistro che ben si sposa col concetto di “diabolus in musica”. Gli spartiti sono all’inizio rarefatti ma col passare dei minuti diventano sempre più irrequieti con ritmi che si infittiscono e suoni bui che si intrecciano in un viaggio sonoro che ci conduce verso mondi affini agli Eskaton. La struttura di questa traccia è aperta e versatile con fasi di improvvisazione e momenti in cui ci si impaluda per poi ripartire in crescendo. Le atmosfere sono spettrali, stregate e sempre poco rassicuranti grazie alle piacevoli dissonanze che creano percorsi sonori inaspettati e tortuosi.
Senza esagerare posso affermare che questo album rappresenta un piccolo capolavoro dell’avant prog francese e si propone a tutti gli effetti come un classico del genere. Questa ristampa ci restituisce vividamente gli insoliti colori di una band originale e creativa che vi invito a riscoprire e vi ricordo che la stessa etichetta aveva già ristampato “Foetus”, altro acquisto fortemente consigliato che abbiamo già recensito fra le nostre pagine.



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Jessica Attene

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