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EVAN CARSON |
Ocipinski |
ECM |
2019 |
UK |
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Non è il prototipo di album che mi sarei aspettata da un batterista e forse anche per questo il debutto da solista di Evan Carson mi ha piacevolmente sorpreso. Qualcuno lo avrà sicuramente notato fra le fila degli Iamthemorning e nell’album di Gleb Kolyadin e alla luce di quanto posso ora ascoltare credo che le collaborazioni appena citate non siano state frutto del caso ma di una scelta ben ponderata. La musica di Evan Carson segue il filo delle emozioni e dei ricordi e la batteria è soltanto uno dei tanti mezzi per costruire una trama ritmica che si innesta perfettamente nel contesto musicale senza prendere mai il sopravvento con inutili espressioni di forza o smanie di protagonismo. Sicuramente il concept, che si basa su fatti storici legati alla famiglia del musicista, è un interessante punto di forza di un album semplice nel suo disegno complessivo ma particolarmente ispirato. Evan ci fa ripercorrere momenti della vita di suo nonno, Evan Jerzy Ocipinsky, durante la seconda guerra mondiale, epoca in cui faceva parte della resistenza polacca. La musica, che in qualche modo e alla lontana condivide qualcosa dello stile degli Iamthemorning, si basa su trame flebili e minimaliste, con brani che sfumano delicatamente gli uni negli altri, impregnati di fragranze etniche e nuance elettroniche in cui la componente sinfonica risulta appena percettibile. I musicisti chiamati a disegnare questo quadro sfumato di suoni e sensazioni sono molti e comprendono lo stesso Gleb Kolyadin al pianoforte, artefice di pregiati camei. Charlie Cawood dei Lost Crowns suona invece una varietà di strumenti a corde davvero interessanti nell’ottica di un album dalle delicate contaminazioni folk come l’oud, il cuatro, lo zither e il bouzouki. Troviamo poi gli archi, con Karl James Pestka al violino e Graham Coe al violoncello, il flauto di Toby Shaer, il melodion (una fisarmonica a bottoni) di Archie Moss, il basso elettrico e le tastiere di Joshua Franklin e la chitarra elettrica di Chris Heales. Le parti vocali sono affidate allo stesso Evan e ad altri quattro interpreti che sono Jim Grey dei Caligula’s Horse, Georgia Lewis dei Maschine, Hannah Sanders e Ben Savage. Con “Sky”, fra ambient ed elettronica, ci immergiamo subito nello scenario bianco e rosso della copertina che ritrae un soldato con lo sguardo rivolto verso una vasta prateria spazzata da un vento che prende gradualmente corpo nelle nostre orecchie. Gli elementi etnici sono presto evidenti e la musica ha in sé qualcosa di tribale ed atavico. Senza neanche notarlo si passa al brano successivo, “Shards”, che pulsa al ritmo del bodhran. La voce di Hannah Sanders, dai riflessi celtici, si integra in un sound moderno e sofisticato con interessanti e minuti particolari forniti dagli altri strumenti. “Chrysalis” è buia e dai tratti gotici, gli elementi elettrici creano tensione senza sovrastare un paesaggio onirico e dilatato. “Otriad” è una sorta di pop elettronico con elementi vocali destinati a rimanere più a lungo in mente ma poggia comunque su trame musicali raffinate ed essenziali che trovano la loro sublimazione nelle parti orchestrali oscure ed intense. Un arioso ed essenziale “Bloodlines”, basato molto sul cantato soft, prelude a quello che secondo me è il momento topico dell’album: “The Fireflies of Falaise”. Il brano, ispirato alla battaglia della Falaise Pocket combattuta tra il 12 e il 21 agosto del 1944, si tinge di tonalità drammatiche rievocando la tensione e la desolazione del campo di battaglia. Ripetitivo, ben scandito e straniante, si muove su cadenze folk rock dalle venature elettriche. Il finale è “Anders Prayer”, una sorta di canto sciamanico che porta via con sé tutte le emozioni accumulate durante l’ascolto. Senza fuochi d’artificio si conclude questo album discreto e sincero che ripone la sua forza nei ricordi e negli affetti di Evan Carson. Apprezzo molto questo aspetto biografico e soprattutto la volontà di creare un’opera incentrata sui sentimenti e sulle emozioni, essenziale nei tratti ma al tempo stesso eclettica.
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Jessica Attene
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