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CHARLIE CAWOOD |
Blurring into motion |
Bad Elephant Music |
2019 |
UK |
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L’apparentemente infinita galassia originatasi dai Cardiacs ci ha già offerto un novero di entità musicali decisamente interessanti, annoverando tra di esse Knifeworld e Lost Crowns, band con le quali il polistrumentista londinese Charlie Cawood ha recentemente collaborato (oltre ad altre collaborazioni con gruppi ed artisti che abbiamo avuto modo di incrociare, quali Tonochrome, Evan Carson ed i nostrani Sterbus). L’elenco delle sue molteplici attività contemplano anche la partecipazione ad un altro paio di progetti musicali nonché l’attività di insegnamento e giornalismo. Questo è il suo secondo album solista, giunto a due anni di distanza dall’esordio di “The Divine Abstract”. Charlie in questa sua prova si limita, se così vogliamo dire, a suonare solo le chitarre e il basso, tralasciando un po’ i vari cordofoni che fanno parte del suo bagaglio tecnico; accanto a lui c’è una piccola orchestra di 14 elementi ai fiati e agli archi più disparati, ma anche con piano, celesta e vibrafono, incluso quell’Evan Carson che in quest’occasione ricambia la collaborazione ricevuta per il suo album. Quel che viene fuori è una collezione di 12 composizioni delicate, guidate da chitarre quasi sempre arpeggiate e contornate di volta in volta da una parte degli altri strumenti, con un sapore a metà tra il cameristico e un Prog sinfonico gentile e spesso etereo, interamente strumentale tranne che per la presenza, in due brani, della preziosa voce niente meno che di Marjana Semkina degli Iamthemorning, autrice essa stessa delle liriche, che si innestano in modo splendido all’interno del quadro generale. La passione di Cawood per la musica sperimentale e per la cultura asiatica, che tanto è percepibile nel precedente album, in questo nuovo lavoro appare ingentilita e decisamente diluita, riavvicinando l’artista a composizioni di stampo chiaramente più europeo. Ascoltando queste belle composizioni viene da pensare a qualcosa del miglior Mike Oldfield (“Incantations” o “QE2”); Neo Prog folk sinfonico cameristico potrebbe essere una valida ed acrobatica sintesi per descrivere questa musica realmente affascinante, variopinta e deliziosa. I 51 minuti di quest’album fluiscono liquidamente e in modo leggero, cullandoci con atmosfere delicate e con arrangiamenti mai troppo carichi e complessi ma emotivamente intensi, a cominciare dall’iniziale “Dance of Time”, seducente e magnificamente orchestrata, fluendo via via fino alla conclusione di “Voice of Space”, gentile e ben bilanciata. Un album assolutamente da non perdere, a mio modesto parere.
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Alberto Nucci
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