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ANAMOR |
Za Witrażem |
Lynx Music |
2018 |
POL |
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Era il 2003 quando il giovane gruppo polacco degli Anamor esordiva con "Imaginacje", un lavoro che sembrava proiettarli come gli eredi dei Quidam, che, ormai orfani di Emila Derkowska, erano pronti a salpare verso altri lidi. La loro proposta si rifaceva pienamente a quella dei colleghi, riuscendo a indirizzarsi verso un new-prog molto romantico, con belle parti strumentali ed una suadente voce femminile. Purtroppo dopo quella pubblicazione è calato il silenzio su questa band, che, a sorpresa, si ripresenta dopo quindici anni con un nuovo album. "Za witrazem" è il titolo di questa uscita, che contiene nove brani e dura circa cinquantaquattro minuti. Nonostante il tempo trascorso non cambia molto lo stile proposto; quello che non convince del tutto è la qualità del nuovo materiale. Pur mantenendo alcune caratteristiche importanti che suscitano buone impressioni, a partire dalle doti canore di Marta Glowacka che conferma l'ottima prestazione del debutto, e proseguendo con un romanticismo di base mai troppo sdolcinato, si notano anche delle pecche e dei difetti che non si intravedevano così nettamente in "Imaginacje". In particolare, certe soluzioni in cui si prova a mettere più vigore nel sound, infatti, sembrano scelte che nell'economia del disco non funzionano. Alcune composizioni sono davvero interessanti e molto piacevoli da ascoltare e in effetti già l'inizio con gli oltre nove minuti di "W gore" faceva ben sperare per merito di un orientamento stilistico perfettamente in linea con le nostre aspettative, che vede la giusta alternanza tra parti cantate e finezze strumentali e che è corredato da qualche intrigante effetto elettronico non invadente. Meritevoli di menzione anche "Stars" (unica cantata in inglese), "Szmaragdowo (intro)", "Szmaragdowo" (queste dure rappresentano forse il vertice del cd) e la title-track posta in chiusura. Anche in queste occasioni, tuttavia, ci ritroviamo a notare che l'uso della chitarra a tratti si fa più robusto, finendo col suscitare più di una perplessità in quei momenti in cui lo strumento è maggiormente in evidenza. Gli altri brani, invece, si caratterizzano per strutture molto convenzionali e/o per sonorità un po’ più aspre, à la Arena post “The visitor” per intenderci, che risultano trite e ritrite. Insomma, in queste situazioni sembra proprio che come la band di Nolan e Pointer gli Anamor vogliano passare dagli echi del new-prog e dal romanticismo a sonorità più robuste e oscure, spingendosi così verso quella che sembra un'involuzione più che un'evoluzione. "Za witrazem" è un disco nel complesso valido, a cui, volendo essere generosi, potremmo assegnare anche una valutazione discreta, ma è troppo altalenante e resta alla fine quel pizzico di delusione pensando all’ennesimo gruppo che ha in mano tutte le carte per fare splendide cose e finisce col perdersi seguendo un percorso di indurimento del suono non troppo interessante e molto comune da parecchi anni a questa parte.
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Peppe Di Spirito
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