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DARRYL WAY Destinations Right Honourable Records 2019 UK

A tanti sarà capitato di rimanere sorpresi da un disco che non sembrava promettere niente di eclatante, o per il quale il nome dell'autore, più o meno famoso, fosse l'unico motivo di curiosità. È esattamente quello che mi è accaduto con “Destinations". Nessun annuncio nei canali online e social, nessuna pubblicità e nessuna anteprima lo hanno preceduto, e la grafica non troppo attraente, l’assenza totale di un booklet, il font usato per i titoli dei brani in stile cristalli liquidi (chiaramente a ricordare una tipologia di pannello arrivi-partenze da aeroporto che non esiste più da tempo) e una generale mancanza di attrazione non ben definita non hanno certo contributo a farmi crescere delle aspettative. Eppure Darryl Way occupa un posto di discreta importanza nella storia delprogressive rock, principalmente per aver fatto parte a più riprese dei Curved Air. Pur considerabili una band di secondo piano (almeno rispetto ai grandi nomi conosciuti da tutti), i Curved Air hanno avuto una propria identità ed un proprio stile, al quale Way ha contribuito col suo violino. Ed il violino è protagonista di “Destinations”, anche se nell’album Darryl Way si destreggia bene pure alla chitarra.
Devo ammettere che mi aspettavo qualcosa di kitsch, visto il precedente lavoro costituito da una rilettura in chiave rock delle “Quattro stagioni” di Vivaldi. In realtà siamo molto distanti dall’esuberanza neoclassica, poiché “Destinations” si è rivelato una raccolta di ispirate composizioni strumentali ben scritte e arrangiate ricche di melodie semplici ed efficaci. L’ascolto è molto piacevole e leggero, ma questo termine non va assolutamente inteso in senso negativo. Way è abilissimo nel produrre composizioni basatesul tema del viaggio (ogni titolo rappresenta, appunto, una destinazione, reale o generica) caratterizzando ciascuna di esse con un particolare mood incentrato spesso su richiami folk che riescono a non sembrare manieristici pur essendo riconoscibilissimi. Il tutto ha un sapore molto cinematografico o addirittura documentaristico. Non è difficile associare spesso la musica ai luoghi a cui essa è ispirata, rendendo pienamente compiuto il senso del concept alla base del disco. La componente progressiva è spalmata in vario modo per tutti i 50 minuti di durata ma non è necessaria per descrivere o caratterizzare il disco, tanto da essere in definitiva trascurabile.Le tracce sono divisibili grossolanamente in movimentate e trascinanti, come “Downtown LA”,“Metropolis”, “The restless city” e “Freedom road”, e in più rilassate e meditative, tra le quali alcune perle come “The wild west”, “Riviera blue” e “Mystic mountain”, tutte pervase da un’apprezzabile carica poetica e dall’andamento spesso languido e sognante. “Destinations” è uno di quei dischi che ha la pregevole qualità di non stancare, scorrendo via liscio senza incertezze pur non lasciandosi dietro sensazioni memorabili. “Spensierato” è la parola più azzeccata che mi viene in mente per descriverlo. Lo consiglio senz’altro, ma bisogna considerare che non segue nessuna moda nei suoni, nella composizione e negli arrangiamenti (in certi momenti un po’ di maniera), per cui potrebbe risultare deludente per chi sia aspetta qualcosa di più tradizionalmente progressivo o impegnativo.



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Nicola Sulas

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