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JUHA KUJANPÄÄ |
Old ways, new ways |
Kuu Records |
2022 |
FIN |
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La Finlandia è da sempre terra che ha visto nascere grandissimi talenti nell’ambito del progressive rock e se i colossi degli anni ’70 hanno scritto pagine fondamentali, anche in anni più recenti si sono affacciati in questo panorama artisti di un certo spessore. Juha Kujanpää è senza dubbio uno dei più interessanti musicisti emerso da queste fredde lande nell’ultimo decennio e giunge con “Old ways, new ways” al suo quarto album. Con questo nuovo lavoro sono da registrare dei cambiamenti rispetto al passato. Se il quartetto di base è rimasto invariato (Juha al piano, Timo Kämäräinen alla chitarra, Tero Tuovinen al basso e Jussi Mettola alla batteria), non troviamo più gli archi ad accompagnare il gruppo, ma un quartetto di fiati ed un trio di voci impegnate ad esibirsi in dei canti senza parole. Alla fine non cambia tanto l’indirizzo stilistico della musica di Kujanpää, che si mantiene elegante come sempre, quanto piuttosto la forma in cui questa viene proposta.
Fin dalla prima traccia “Old ways, new ways” si respira un’atmosfera molto serena, che, grazie ai raffinati tocchi pianistici e ai vocalizzi femminili, fa respirare un clima dal sapore natalizio. È solo l’inizio di un viaggio sonoro all’insegna di tanta luminosità, nel quale la melodia gioca un ruolo fondamentale. Si passa agilmente dalla world music ricercata di “Trekators” alle venature classicheggianti di “Sepia”, uno dei rari momenti malinconici del disco e forse il momento più ispirato in questa occasione. A seguire, una serie di brani che rappresentano il nucleo centrale del lavoro (“Morning star”, “Gates of Heaven”, “Matroskin”), con questa base sonora caratterizzata da un prog romantico fatto di intrecci tra strumenti elettrici e acustici, sui quali spuntano vocalizzi celestiali a conferire ancora più serenità e positività. Le composizioni scorrono con piacevolezza e con un andamento languido, ma brillante, attraverso note che si susseguono in maniera estremamente naturale, senza intricati tecnicismi, senza quella maestosità tipica di certo rock sinfonico. Riescono ugualmente a catturare, grazie alla sensibilità di un compositore che ha un background variegato e che ha saputo far confluire le sue esperienze legate al rock, al jazz, alla world music, al folk, alle colonne sonore e al teatro in un’unica direzione nella sua dimensione solistica. Viene così trovato un equilibrio all’insegna della quiete e della delicatezza. E se con “In the country” si vira su un folk-rock pacato, con tanto di fisarmonica, ecco che il finale affidato a “Glow”, per solo pianoforte, si mostra riflessivo e a cavallo tra classica e new age. Il disco è bello, su questo non ci piove; ma per chi segue Kujanpää fin dagli esordi, l’impressione è che quei cambiamenti descritti abbiano portato un piccolo passo indietro rispetto a quanto fatto con i predecessori di “Old ways, new ways”.
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Peppe Di Spirito
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