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HAZE Back to the bones Gabadon Records 2020 UK

E’ passato un lungo tempo da quando i fratelli McMahon avevano ridato lustro agli Haze con il buon “The Last Battle” uscito nel 2013, sette anni che hanno portato gli Haze in pieno periodo pandemico e senza troppi clamori hanno unito le forze in famiglia con l’inserimento alla batteria di Danny McMahon (figlio di Paul) ed il flauto e violino di Catrin Ashton per l’uscita di “Back To The Bones”, sempre fieramente autoprodotto, disco che vuole significare un ritorno al passato verso le radici del suono degli Haze, quindi accanto alle consuete influenze folk rock che avevano già caratterizzato il precedente disco. Gli Haze ci offrono un disco dalle sonorità elettriche e ruvide, talvolta vicine allo hard rock più classico, tutto ovviamente filtrato dalla loro sensibilità progressive.
Disco che giustamente si prende il suo tempo e si espande per la durata di oltre un’ora, “Back To The Bones” esprime la propria forza nella varietà espressiva dei brani e nella maturità raggiunta dai McMahon: alla consuete vicissitudini tipiche di una band storica ma rimasta sempre su un piano di autogestione underground, si sono aggiunte tutte le difficoltà e le tensioni di un periodo funesto come quello recente, la produzione del cd risente così degli umori del tempo con una musica dal taglio più riflessivo del solito, talvolta introversa ed oscura senza mai perdere l’epica “new-progressiva” di cui sono stati in passato sempre buoni portabandiera. Sonorità ruvide e dure, quindi, ma anche ariose ed appassionate, in diversi brani si riflette palesemente l’amore verso i Jethro Tull ed il folk rock alla Fairport Convention e Strawbs, per avvicinarsi con discrezione verso lo heavy rock di Uriah Heep, Rush e Rainbow, e naturalmente gli immancabili buoni arrangiamenti sinfonici che ci rimandano tipicamente ai Genesis ed a tutto il seguito dell’ondata prog inglese degli anni ottanta. Pure in quei momenti in cui la musica sembra concedersi qualche momento eccessivo di distrazione, gli Haze riescono ad inserire sempre qualcosa di interessante, ad esempio penso al brano “To Us-All” antico pezzo riesumato e scritto originariamente verso la fine degli anni settanta, oggettivamente innocuo rock suonato alla meno peggio ma che si avvalora di una bella outro sinfonica molto suggestiva ed evocativa.
Prevedibilmente gli Haze ci offrono il meglio nel momenti più progressive, come nella emozionante ballad “The Snake”, una “Lockdown” dal testo delicato che tratta temi a noi ben noti con un tocco musicale che si ispira tanto ai Pink Floyd quanto agli IQ, per portarci fino al trittico finale: “The Awakeners”, dalle misteriose tinte esotiche, l’incedere epico, barocco e drammatico “A Call To Arms” e la chiusura maestosa ed inquietante di “The Summoning Dark”. La varietà di stili si riflette nei testi delle canzoni, che spaziano come già accennato dall’esperienza pandemica, a semplici ed opportune riflessioni sul mondo virtuale in cui viviamo, in cui si danno sfogo anche le peggiori frustrazioni, fino a brani influenzati dalla cultura folk tradizionale o più esplicitamente fantasy (ma tutt’altro che in tono leggero).
In sostanza quindi “Back To The Bones” è un buon lavoro, diretto e sincero, che si fa ascoltare più che volentieri e che richiederebbe probabilmente un maggiore riscontro di pubblico tra gli appassionati...



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Giovanni Carta

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