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JAUME DE VIALA Calidoscopi embruixat autoprod. 2023 SPA

Il musicista catalano de Viala pubblica il suo secondo lavoro, assemblato durante il periodo pandemico. In realtà, si tratta per la maggior parte di una rielaborazione di vecchi brani del periodo 1978/79, estrapolati dal repertorio dei Celobert Màgic, esattamente come capitato per il suo esordio di cui si è già ampiamente trattato. Anche stavolta, diversi brani si sarebbero potuti sviluppare ed articolare meglio. Per fortuna risultano essere la metà rispetto al primo lavoro, in cui ventidue tracce erano decisamente troppe. Circa tre quarti d’ora di musica vanno più che bene, lasciando comunque un senso di rilassatezza nell’ascoltatore, anche se i picchi emozionali non sono poi così tanti. Presente ancora una volta il serbo-ispanico Dusan Jevtovic a dividere con Jaume le partiture chitarristiche, oltre ad essere il co-produttore dell’album. Sempre rimanendo nell’area MoonJune Records, va segnalata la presenza sia del batterista israeliano Asaf Sirkis che del tastierista/pianista serbo Vasil Hadzimanov, oltre a quella del bassista Bernat Hernández. A detta del titolare, importante la presenza del percussionista macedone Aleksandar Petrov, per quello che è a tutti gli effetti un progetto dal respiro internazionale. Buona parte delle composizioni risultano strumentali e nelle tracce in cui si canta è quasi sempre presente Judit Cucala, anche lei nei Celobert Màgic e in prima fila sul debutto solista del chitarrista spagnolo. Da segnalare, poi, che vi sono delle composizioni più recenti: “Mel i fel” e “Les Jordies” – proposta prima in spagnolo e poi in inglese come bonus track –, le cui liriche sono state composte in entrambi i casi da Elvira Pascual. Nell’ultimo pezzo citato, le parti cantate delle due versioni sono affidate rispettivamente a Judit Cucala e ad Arnau Giordani. Molto buono l’apporto di Hadzimanov al pianoforte, ottimi al fretless bass Hernández nella versione spagnola e Carles Benavent in quella inglese.
Un brano da menzionare è senza alcun dubbio la conclusiva “Revifalla” (a firma di Salvador Avià), introdotta dalle atmosfere moresche tracciate dal pianoforte, per poi evolversi rapidamente in una musica solare in cui si unisce anche Jordi Bonell agli altri due chitarristi, prima che si ritorni ad atmosfere musicali assolutamente iberiche. Peccato che anche in questo caso la traccia termini molto presto e non abbia modo di svilupparsi come sarebbe stato lecito aspettarsi. Quindi, “Calvet 1979”, con i suoi otto minuti, costituisce sicuramente un’eccezione in cui confluiscono vari elementi come un mosaico, che sarebbe stato interessante sentire in varie composizioni ben articolate. Gli andamenti tipici del meridione ispanico vengono alternati ad altre soluzioni, anche tendenti leggermente al prog. Davvero buono l’apporto di Pablo Selnik col suo flauto traverso. Occorre anche citare la presenza del chitarrista Joaquim “Max” Sunyer degli storici Iceberg su “Cavalcada per la nocturnitat aràbiga”, orientata verso un certo tipo di jazz-fusion anni ’70, ma che anche stavolta termina troppo presto. Va meglio con l’iniziale “Sota el sord embat del mar”, dove una certa tendenza al prog Crimsoniano viene stemperata e smussata in una canzone notturna che parla di mare.
Insomma, come si sarà capito, questa nuova pubblicazione tende in parte ad aprirsi anche alla musica progressiva e alla fusion, sempre però con le dovute cautele. Visto che sono stati nominati vari musicisti, è doveroso citare pure Robindro Nikolic al clarinetto e Paula Domínguez ai cori. Ci si rilassa davvero con questo lavoro, soprattutto se ci si ritrova sul finire di una giornata di tarda estate. Vedremo se sarà possibile, in futuro, avere a disposizione anche materiale totalmente originale.



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Michele Merenda

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