|
INDREK PATTE |
IN |
Strangiato Records |
2023 |
EST |
|
Ex cantante solista degli storici Ruja e dei sotterranei, ma non meno significativi per il Prog estone, Linnu Tee, Indrek Patte ha inaugurato la sua carriera solistica nel 2011 con “Celebration”, album in cui ha riversato le esperienze del passato rinfrescandole con un sound brillante e moderno. “IN” rappresenta la sua quarta uscita discografica che, come al solito, ha scritto e prodotto interamente da solo, avvalendosi della collaborazione di tanti validi musicisti. Alle sue ricche tastiere si affiancano l’esuberante chitarra di Mathieu Spaeter, il basso di Vladislav Reinfeldt e la batteria di Andrus Lillepea a creare un solido impianto di matrice rock, mentre la componente sinfonica è potenziata dal flauto di Priidik Soon, dal violino di Hendrik Soon e dal violoncello di Edward Soon. Lo stile è quello che ricordavo dai precedenti album ed è improntato ad una sinfonicità ben decifrabile e leggera, sconfinante spesso nell’AOR e nel Pomp e dal sapore talvolta americaneggiante con riferimenti a Neal Morse e Spock’s Beard. Il brano di apertura, uno strumentale che si intitola giustappunto “The Opening”, è una sorta di Overture dalle melodie brillanti e lineari. Le allegre cascate tastieristiche, col Moog trionfante, hanno un sapore New Prog, le chitarre offrono spunti fusion e le sensazioni sono quelle di un ottimismo solare che non conosce ostacoli. Talvolta ci si spinge di più verso l’AOR come è evidente già nella successiva “Are You In”, che avanza sui passi sincopati del basso e fa leva su ritornelli cantabili un po’ in stile Bon Jovi. Più interessanti sono i momenti in cui le melodie si intrecciano ed è il caso di “Twisted Reality” che possiede qualcosa dei Flower Kings ed alcune dinamiche che riecheggiano i Gentle Giant. La centrale “Restless” è più robusta, con chitarre taglienti, ritmiche più serrate e momenti di virtuosismo. Anche se non mancano arie cantabili e ritornelli bisogna dire che l’album è costellato di significativi momenti strumentali, talvolta piuttosto complessi, come possiamo assaporare nell’agile “Walking with You” con le sue digressioni hard fusion. Si discosta un po’ dalle altre tracce “Fragile”, decisamente più ariosa e delicata. Il brano più impegnativo viene lasciato alla fine: “Lord of the Miracles” è una sorta di mini suite di 15 minuti improntata ad una sinfonicità sgargiante ed edulcorata che strizza talvolta l’occhio ai primi anni Ottanta e che è dominata da sonorità tastieristiche con puntuali riferimenti ai Genesis. Questo mosaico di canzoni è composto da tanti elementi sicuramente familiari ai nostri lettori, imbastiti con grande professionalità, quale può essere quella di un veterano del Progressive Rock come Indrek Patte. La confidenza con certe sonorità e la ricerca di soluzioni dirette ed affabili non vi facciano però sottovalutare la validità di un’opera poliedrica e ben assemblata, in grado di intrattenere ma anche di sedurre i cuori più nostalgici.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|