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PASKINEL |
Maraude automnale |
Vallis Lupi |
2023 |
FRA |
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L’album di cui mi appresto a parlarvi è un debutto discografico, quello del tastierista Patrick Paskinel Dufour, ma gli osservatori più attenti converranno sul fatto che in realtà possa essere considerato come una specie di ritorno degli apprezzatissimi Alco Frisbass, di cui Patrick era leader, come è dimostrato dalla presenza del chitarrista e bassista Frédéric Tourneriff Chaput, ma anche dell’intervento, seppur circostanziato, all’organo di Fabrice Chouette che del gruppo appena citato rappresenta l’altro cofondatore. Le somiglianze sul piano musicale si notano subito ed ecco che ci ritroviamo a percorrere percorsi dai tratti brillantemente Canterburyani così come li ricordavamo negli Alco Frisbass. Hatfield And The North e National Health sono fra i primi punti di riferimento che possono saltarci in mente col loro sound garbatamente jazzy e tastieristico. “Cristal qui songe” è un esempio tangibile di questo stile intessuto con i ricami dei sintetizzatori e piacevolmente movimentato da soffici sollecitazioni ritmiche. Risvolti vagamente folk li troviamo nella divertente “La danse des feux follets” con la buffa chitarra slide dell’ospite Franck Dehaut posta quasi a contrasto con l’organo lugubre del già citato Fabrice Chouette. Altro momento da ricordare lo ritrovo nella sinistra “L’Echo Noir” con i suoi risvolti cameristici oscuri ed introversi, sottolineati dal tenebroso fagotto di Jacques Bon. I colori ed i giochi delle tastiere ne dominano gli scenari sonori, spesso contaminati da elementi elettronici. La title track, strategicamente collocata in posizione centrale, ci offre delle piacevoli fluttuazioni fra un garbato jazz di matrice sinfonica e certe inclinazioni avanguardistiche dai profili più spigolosi, dimostrandoci come l’estro di Paskinel possa spostarsi in modo versatile su traiettorie stilistiche diverse. La gradevole e garbata presenza di Dag-Z al flauto traverso in “Tartempion” ci fa capire come il fatto di ampliare un minimo la gamma degli strumenti a disposizione possa far guadagnare alla musica una certa prospettiva sinfonica e potrebbe essere questo un elemento da sfruttare più intensivamente in futuro. La batteria è frutto di un’attenta programmazione da parte dell’autore che non dà momenti di sofferenza, anche perché il ritmo viene sostenuto in modo importante da un basso ben presente, ma direi che forse un drumming autentico gestito da un musicista che possa esprimere il proprio carattere potrebbe aprire a soluzioni più ricche ed articolate. Non è superfluo infine sottolineare la presenza di Thierry Payssan in fase di masterizzazione, la cui esperienza è dimostrata dalla cura nella resa dei dettagli sonori. A conti fatti questo album non ci fa rimpiangere troppo gli Alco Frisbass e anzi direi che vale anche più di un ascolto.
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Jessica Attene
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