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SFARATTHONS Odi et amo autoprod. 2023 ITA

A quattro anni di distanza da “Appunti di viaggio”, arriva “Odi et amo”, terzo album per gli Sfaratthons, band abruzzese che vede le sue origini verso la fine di quel decennio musicale magico che furono gli anni ’70 e che solo nel 2016 ha visto la pubblicazione dell’esordio discografico. Prendendo come spunto di ispirazione antichi versi del poeta Catullo, gli Sfaratthons proseguono il loro percorso legando la propria proposta a quel progressive rock in cui emerge forte il romanticismo mediterraneo. Tutto ciò è evidente fin dalla partenza affidata alla strumentale title-track, un gioiellino di oltre otto minuti con cui gli Sfaratthons giocano subito le loro migliori carte: pianoforte e flauto a sfoderare una raffinata vena classicheggiante, strumentazione rock ad indirizzare il tutto verso soluzioni di prog sinfonico eredi di Locanda delle Fate, PFM e Jethro Tull, le più classiche variazioni ritmiche e il gioco è fatto. A seguire altri sei brani ben costruiti che confermano pregi e difetti già mostrati dalla band in passato. Infatti, se sono sempre pregevoli la vena strumentale, il calore dei timbri e le belle dinamiche garantite da intrecci elettroacustici, resta qualche punto interrogativo per le parti cantate e per un mix che forse poteva essere perfettibile. Al di là di qualche difettuccio, l’album scorre via liscio, per merito di composizioni davvero ben costruite. Possono essere i quasi nove minuti di “La donna amata”, in cui i musicisti possono interagire con la loro perizia tra eleganza e energia, o una evocativa “Maddalena”, con intriganti vocalizzi femminili, un’atmosfera particolare e malinconica, gli echi di mellotron, un cantato in dialetto abruzzese a dare un curioso tocco folkloristico ed un finale recitato. Minutaggi elevati anche per “Saffo” e “Zarina”, che mantengono omogeneo l’album confermando le caratteristiche mostrate dagli Sfaratthons, pur con qualche divagazione jazz-rock e vandergraafiana qua e là. In chiusura, ci sono invece due tracce più brevi. “Ti dono una canzone”, vagamente floydiana, fu registrata a distanza durante la pandemia ed è un sentito omaggio del gruppo al personale sanitario impegnato in quei mesi difficili. “Odi et amo – closing session”, invece, riprende il tema principale ascoltato in apertura del disco e devia verso stravaganti, ma efficaci, tentazioni sperimentali. Similmente al suo predecessore, “Odi et amo” mostra un gruppo con una propria identità e che sa farsi apprezzare per la buona ispirazione e per la musica di qualità, nonostante qualche imperfezione che impedisce di dare un giudizio positivo al massimo.



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Peppe Di Spirito

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