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Quaranta minuti di nuova musica per i Focus, che giungono al traguardo del dodicesimo disco in studio, anche se al riguardo si può fare un po’ di confusione e arrivare a considerarlo come il quindicesimo... Ma non pensiamo a questi calcoli e concentriamoci su questo “12”… Thijs van Leer (flauto, organo, piano e sintetizzatori) si presenta ancora in ottima forma a questo appuntamento, con una formazione collaudata e affidabile, che comprende Menno Gootjes alle chitarre, Pierre Van der Linden alla batteria e Udo Pannekeet al basso. Nulla cambia da un punto di vista stilistico, per cui i fan saranno contenti di poter ascoltare nuova musica frizzante e strumentale, con il flauto che va spesso a guidare le danze e con quella vivacità che da sempre contraddistingue la proposta della band. Si parte subito bene con una “Fjord Focus” che apre il lavoro con un prog potente e ricco dei soliti intrecci tra tastiere, chitarra e flauto su ritmi sincopati. C’è poi la solita composizione con il nome del gruppo, “Focus 13” (la numero dodici, registrata durante la pandemia, era finita sul cd bonus del “Live in Rio”), guidata dalla chitarra e che ha un bell’andamento romantico che riporta a certi apprezzati episodi melodici sempre presenti nelle loro opere, fino ad un’accelerazione verso metà brano con i ritmi che si fanno più veloci. Soluzioni romantiche anche in “Béla”, aperta da un piano classicheggiante che poi lascia spazio ad una sognante verve cameliana. Più particolari le successive tre tracce: “Meta indefinita” è frutto di un’improvvisazione in sala di incisione, dalle soluzioni cinematiche, ma con Van der Linden che pesta bene dietro le pelli; “All aboard” è firmata Pannekeet e presenta il suo basso in primo piano, ma è anche ricca di variazioni con gli opportuni abbellimenti degli altri musicisti in perfetto stile Focus; “Born to be you” è un breve e raffinato tassello di matrice classica, eseguito al pianoforte da Gootjes. In “Nura”, si alternano temi solenni bachiani eseguiti all’organo con impennate di gruppo cariche di energia. Arriva poi “Bowie”, un’altra composizione per solo piano, stavolta suonato da Van Leer, che va avanti per tre minuti e mezzo con progressioni intriganti e virate quasi jazzistiche. “Positano” ha una prima parte di elegante raffinatezza, per poi prorompere nel classico stile della band; infine, “Gaia” porta a conclusione l’album con nuovi cambi di tempo e di atmosfera, mettendo in mostra una delicatezza iniziale sostenuta da un organo intrigante e lanciandosi poi verso temi decisamente più gioiosi. Penso sia chiaro che tutti gli ingredienti proposti dai Focus nell’arco della loro carriera sono presenti anche in “12”. Non ci sono sorprese; forse un limite per alcuni punti di vista, sicuramente un punto di forza per chi da Van Leer e soci desidera album come questo. I fasti di “Hocus pocus”, “Sylvia” e “House of the king” appartengono ad un periodo ormai lontano, risalente ad oltre cinquanta anni fa, ma i Focus di oggi appaiono come gruppo ancora solido, valido, affiatato e voglioso di proporre a chi li segue nuova musica che non delude le aspettative.
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