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Continua l’avventura di Lars Boutrup’s con il suo progetto Music For Keyboards, con il quinto album intitolato “The overture to life”. Diciamo subito che anche il nuovo lavoro segue la scia tracciata dai suoi predecessori e non si avvertono grosse novità né da un punto di vista stilistico né da uno qualitativo. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, ricordiamo che stiamo parlando di un tastierista danese impegnato in numerose collaborazioni e molto attivo anche nella realizzazione di colonne sonore per film muti. Dal 2005 ha dato il via anche a questa proposta dal nome emblematico. “Musica per tastiere”. Negli album a nome Lars Boutrup’s Music For Keyboards ci ritroviamo di fronte ad un classico trio con tastiere, basso e batteria. Ovvio che con queste premesse gli appassionati che cercano eredi dei vari Emerson, Lake & Palmer, Trace, Quatermass, Schicke, Fuhrs & Frohling, Refugee, Triumvirat saranno quanto meno incuriositi. Sicuramente Boutrup va in questa direzione e in “The overture to life” ci presenta otto nuovi brani interamente strumentali per tre quarti d’ora di musica. Siamo quindi al cospetto di un rock sinfonico vecchio stile, ma con piglio moderno. Nonostante citazioni, similitudini, rimandi alla musica classica, Boutrup cerca di evitare un “effetto nostalgia”, mantenendosi lontano da pedisseque imitazioni. I timbri scelti per organo, tastiere e sintetizzatori non vanno molto verso l’effetto vintage, anche se risulta un’arma a doppio taglio, con equilibri raggiunti solo a metà, al punto da sembrare quasi una registrazione degli anni ‘90. L’album è omogeneo, suonato sicuramente con una certa perizia, con la sezione ritmica che crea una base compatta sulla quale Boutrup può esprimere il suo keyboards-playing ed evitando tecnicismi ed equilibrismi fini a sé stessi. L’ascolto scorre gradevolmente, con alcune composizioni che colpiscono più di altre, come quella che dà il titolo al disco, “The king went well”, con qualche eco di Goblin, o anche la conclusiva “Owed to Irwing”, che, unica a superare i sette minuti, è la traccia più lunga del cd. Alcune cose, tuttavia, non convincono del tutto. Ci sono brani che stentano a decollare e non sorretti da giuste melodie, non appaiono ben strutturati, al punto da sembrare più degli esercizi di stile. E poi il mix sembra un po’ confuso e, abbinato ai timbri non sempre adeguati, non permette di fare uscire un sound solido e ben bilanciato come ci vorrebbe per questo tipo di musica. Probabilmente l’utilizzo di un pianoforte aiuterebbe anche a trovare dinamiche più interessanti. Alla fine dell’ascolto, l’impressione è che non siamo di fronte alla solita copia carbone di ELP e derivati, anche se l’orientamento stilistico è quello. Diciamo che Boutrup e compagni presentano un compitino non svolto male, guadagnandosi la sufficienza, ma restando lontani dall’eccellenza.
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