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RAVEN SAD Polar human circle AMS Records 2024 ITA

È una storia che va avanti da quasi venti anni quella dei Raven Sad, nati come progetto solista di Samuele Santanna e poi diventati con il passare del tempo una vera e propria band. Il 2024 vede la pubblicazione del quinto album realizzato con questa denominazione, intitolato "Polar human circle" ed edito dalla AMS Records, Confermando la line-up che si era impegnata nel precedente "The leaf and the wing", il gruppo si presenta per l'occasione con il citato Santanna alle chitarre, Marco Geri al basso, Fabrizio Trinci alle tastiere e alla voce, Francesco Carnesecchi alla batteria e Gabriele Marconcini alla voce, più qualche ospite al canto, alla narrazione, al pianoforte, alla tromba. Questo nuovo lavoro viene presentato come una sorta di concept, che vuole spingere l'ascoltatore a "interrogarsi sulla effettiva capacità di salvezza della nostra specie". Per far ciò, Santanna e soci riprendono lì dove avevano lasciato, confermando un sound a tratti più aspro, con chitarre più abrasive. L'incipit "Andenes" è lì subito a dimostrarlo, visto che dopo le note introduttive del piano che creano un'atmosfera elegiaca che si protrae per qualche minuto, la musica si orienta verso i Porcupine Tree seconda maniera, fino a raggiungere l'epico finale guidato da un intenso guitar-solo. Si prosegue tra pezzi che fanno avvicinare prog e AOR ("When the Summer collapses into Fall", seguito poi da una stupenda e breve coda dall'incedere drammatico e classicheggainte), reminiscenze dei Pink Floyd, da sempre influenza importante per i Raven Sad ("Point Nemo (Nautilus last voyage)"), sferzate prog-metal, ma senza inutili tecnicismi, un po' Queensryche, un po' Deep Purple ("The obsidian mirror" e "The bringer of light"). In conclusione, poi, troviamo il pezzo forte, la suite in sei parti che si avvicina a ben ventisette minuti e che dà il titolo all'album. Qui i Raven Sad sembrano aver voluto riassumere in un'unica composizione chilometrica i vari orientamenti stilistici mostrati sia in questo disco che nei suoi predecessori. La voglia di mostrare il loro lato più rock è ben evidente fin dall'inizio, ma tutto funziona alla perfezione, tra cambi di tempo e di atmosfera: la chitarra di Santanna è a volte heavy, a volte languida, ci sono passaggi ipnotici guidati dal pianoforte, melodie vocali d'alta scuola ben eseguite da una voce cristallina e capace, soluzioni orchestrali che oltre ad abbellire donano un senso di grandeur, echi dei Marillion recenti, persino un incedere nervoso e quasi sperimentale una volta superata la prima metà della suite seguito da divagazioni jazz. Forse se analizziamo l'intera discografia, diremmo che la nostra preferenza va ai Raven Sad nei loro aspetti più romantici e floydiani dei primi tre album, ma è innegabile che anche con queste sonorità a tratti più ruvide è ancora un gran bel sentire. Stanno lasciando un bel segno nel rock progressivo italiano del nuovo millennio.

 

Peppe Di Spirito

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