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DIFICIL EQUILIBRIO La perdua Musea 2013 SPA

Equilibrio sempre più difficile da raggiungere per questo trio spagnolo che si è ritrovato a fronteggiare l’abbandono di ben due terzi dei suoi componenti, l’unico superstite dei quali risulta essere il batterista Luis Rodriguez. L’assetto in trio viene ripristinato grazie al chitarrista Joan Santanach e al bassista e cantante Ismael Palacios, mentre la musica è arricchita come al solito dall’intervento di ospiti alla viola, al flauto, al clarinetto, al sax e alla voce, fra i quali compare anche l’ormai ex membro Joan Francisco al basso. Il gruppo è ora giunto alla sua sesta fatica discografica, escludendo l’EP di cover crimsoniane significativamente intitolato “The Great Red Lament in Aspic” del 1998 e il DVD “Live Tiana” di dieci anni dopo, quindi immagino che mescolare nuovamente tutte le carte dopo aver percorso così tanta strada sia una bella sfida.
Una cosa non è sicuramente cambiata, anche rispetto al lontano esordio, e cioè la venerazione del Re Cremisi, come dimostrato dalla presenza della cover di “21st Century Schizoid Man” (in “versione mediterranea” però) fra le bonus track. Ma questo album non vuole essere affatto celebrativo, anzi, il gruppo si è scelto un argomento davvero complesso a fare da trama narrativa alle tante canzoni che lo compongono, e cioè quello della recente, e purtroppo ancora non superata, crisi economica che sta colpendo l’Europa e anche la Spagna con particolare durezza. Proprio l’inserimento delle parti vocali, che permettono di veicolare messaggi chiari, a volte di dura protesta e di disagio, dona alla formula musicale del gruppo, che rimane ben riconoscibile, una maggiore scorrevolezza e un pizzico di cantautorialità che nel complesso può far pensare a qualcosa di stampo sudamericano più che europeo, anche per l’approccio live molto ruvido e spontaneo. In particolare tutta la prima parte del CD, che comprende il raggruppamento dei primi sette pezzi, appare molto ariosa con belle aperture sinfoniche e melodie distese che vengono vitalizzate da un supporto ritmico del basso e della batteria vivace e frastagliato e dalle cadenze fusion. Un bell’esempio può essere “Entre nosotros” che unisce uno spirito quasi Frippiano a linee vocali piacevolmente cantabili. Interessante è anche la successiva “Mi Alma Tu Ambición”, più lenta e più oscura, quasi Vandergraffiana a tratti. Un po’ antipatica forse è “Reacción en cadena”, costruita su elementi ripetitivi e slogan, di per sé forse un po’ snervante ma funzionale in definitiva al concept e comunque unica nel suo genere nel contesto di un album decisamente ricco. Bastano però i colori acustici della ballad “Palabras Prohibidas” a recuperare subito un po’ di atmosfera, con la viola romantica di Laia Capdevila, il flauto di Yolanda Borlado ed il clarinetto di Neus Tur.
La seconda parte dell’album, che include i pezzi dall’ottavo all’undicesimo, è invece quella più sperimentale e maggiormente in linea col passato del gruppo. Torna a prevalere la forma strumentale con spartiti complessi che si srotolano su un minutaggio più lungo. Molto bella in questo caso è “La perdua”, title track che si divide in due parti di cinque minuti circa. I suoni si fanno più pesanti e carichi ed i fiati sono addirittura minacciosi. Questo accumulo denso di energia si scioglie nella seconda parte, più lunare e distesa, impreziosita da un lungo assolo di sax a cura di J-Push al quale ne segue a ruota uno di chitarra. Più avanguardistici e particolari sono invece gli otto minuti di “Heatwave” che ci regalano un finale in decisa ascesa. Non aggiungono molto le tre bonus, le prime due decisamente astratte e minimali e l’ultima, di cui abbiamo già parlato, in realtà così fedele all’originale da non farla sembrare affatto “mediterranea” come promesso.
Pur nella situazione di svolta obbligata in cui si è ritrovato il gruppo, devo dire che questo nuovo assetto lavora splendidamente e forse, proprio grazie all’arrivo dei testi, è riuscito a rinnovarsi da una formula sicuramente efficace ma ormai un po’ troppo ripetuta nel corso degli album. Questo nuovo lavoro, nettamente diviso in due come abbiamo visto, potrebbe essere qualcosa che si profila come a metà strada fra un passato che ben conosciamo e un futuro tutto da scrivere, nel quale mi piacerebbe vedere la fusione finale di tutti gli ingredienti in un insieme più unitario. Nel frattempo quello che abbiamo risulta decisamente gradevole, particolare per il suo tocco iberico, robusto dal punto di vista delle idee che mostrano legami decisi con alcuni modelli ma anche una rilettura abbastanza personale e spigliata. C’è poi l’impatto live che rende il tutto più dinamico e bisogna dire che questa band ama molto improvvisare e la musica, molto istintiva ed estroversa, ne risente in modo positivo. Al contrario precisione e levigatezza vengono meno in favore di una formula ruvida sì, ma anche piacevole e diretta. Album da provare e da prendere se già apprezzavate le proposte passate dei Dificil Equilibrio da cui però mi aspetto molto di più in futuro.


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Jessica Attene

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