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THE JOHN IRVINE BAND Next stop autoprod. 2013 UK

A due anni dal precedente “Wait & See” torna a farsi vivo John Irvine con il suo trio. Nessun cambiamento di line-up, confermati quindi Alan Emslie corpulento batterista e Doug Kemp bassista preciso, fine a mai invadente, tenendo quindi per sé, Irvine, chitarre, tastiere, composizione e arrangiamento dei brani. Poche le sorprese anche a livello musicale; torniamo a trovare, infatti, un jazz rock dai toni ricchi e puliti, suonato davvero bene e con pacata serietà. Un jazz rock in bilico tra soluzioni melodiche e orecchiabili e altre dalla struttura più complessa e meno immediata.
Nonostante Irvine provenga dalle fredde terre di Scozia è musica calda e piacevole quella che viene fuori dai nove brani presentati in questo “Next Stop”.
Parlando un po’ di tecnica salta subito all’orecchio come la personalità complessiva della band sia dettata dalle diverse estrazioni musicali dei tre. Soprattutto l’incidere decisamente rock del drummer è un punto di forza a livello musicale che diventa l’elemento di maggior distinguo rispetto a band di similare offerta. Risulta particolare e quindi elemento caratteristico e positivo della band, una proposta jazz rock, senza il classico groove jazzistico.
Considerata la tipologia della band a trio è, ovviamente, Irvine a dominare tutta la parte melodica del disco, basandosi quasi per la totalità della musica proposta sulla chitarra e lasciando le tastiere a sottofondo, tappeti e riempimenti. C’è comunque molta ricerca nei brani, non ricerca nel senso stretto a cui ci ha abituati il progressive e quindi mirata all’avanguardia o alla sperimentazione, no, qui si tratta di una fine ricerca melodica, si tratta del tentativo di strappare alla chitarra le migliori sequenze armoniche per creare un discorso prima di tutto piacevole e scorrevole.
Questa attenzione generale al risultato armonico è però anche un po’ la pecca del lavoro che risulta così un po’ troppo uniforme e ogni brano va ad assomigliare anche agli altri. E i brani sono complessivamente nove dalla durata molto variabile visto che si va dal minuto e quarantacinque della più breve agli oltre undici della più lunga.
Si è detto della spiccata personalità della proposta, ma non è che sia esente da riferimenti chiari e inequivocabili e che, tutto sommato, ci riportano a quelli che Irvine avrà, nell’arco della sua vita considerati i suo “maestri”. Inizierei da sonorità che richiamano i Brand X della fase anni ’80 e “Do They Hurt” in particolare. Ritroviamo questi spunti in “Your Skyline”, che peraltro contiene anche svariati ammiccamenti allo stile più easy di Zappa dello stesso periodo. In altri brani troviamo riferimenti a certa fusion americana sempre anni ’80 e mi vengono alla memoria Steps Ahaed, Yellowjackets e Spyro Gyra come verificabile ad esempio nei brani “A Straight Line” e “A means to an end”. Ma, a mio avviso, il riferimento principe è da ricercare in quei tre ottimi lavori di Andy Summers a cavallo tra gli ’80 e i ’90, “Charming Snakes” in testa. Se a quello stile aggiungiamo un tocco di Allan Holdsworth, ecco che ritroviamo il tutto in brani come “Pyramid Power” e “Here comes the twister”.
Senza impegnare troppo l’ascolto, il disco scorre piuttosto bene dall’inizio alla fine, pur confermando quel piccolo indice di ripetitività segnalato sopra, ma alla fine si tratta di un buon disco per quasi un’ora di buon divertimento fusion.



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Roberto Vanali

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