|
Si chiamavano in origine Witsend ed il loro primo lavoro, carino ma non eccezionale, è stato pubblicato 10 anni fa. Questo nuovo album è molto eclettico e rappresenta uno di quegli esempi riusciti di come si possa realizzare qualcosa di originale, rubando pochi elementi sparsi da una miriade di gruppi, riassemblandoli e riconiugandoli in uno stile decisamente personale, caratteristica questa comune a molte band della scena progressiva americana. Così, girando fra le varie tracce, si riconoscono i resti di diverse band, più o meno conosciute, ma lo stile, nella sua globalità, non somiglia a nessuna di queste nello specifico. Se leggete in giro quanto è stato scritto su di loro (incluso quanto loro stessi dicono di sé nel sito ufficiale) troverete, nel tentativo di dare una connotazione a questa musica, un lungo elenco di band di riferimento, cosa che ovviamente rende l’idea solo in maniera parziale. Attitudinalmente potremmo assimilare, a titolo indicativo, la musica dei Syzygy a quella dei Nathan Mahl: abbiamo infatti melodie articolate, dalle mille sfaccettature, che si muovono lungo traiettorie non prevedibili. La timbrica degli strumenti è spesso anticata, con influenze fusion meno pronunciate rispetto a quelle esibite dai colleghi canadesi. Rispetto al debutto realizzato nel 1993 col vecchio nome (il trio è rimasto immutato) notiamo una notevole evoluzione artistica. Le potenzialità che allora si potevano intravedere si sono ora sviluppate in maniera rigogliosa, ben oltre qualsiasi aspettativa. L’album è per la quasi totalità strumentale; le tracce con parti vocali sono infatti soltanto 3 e la voce di Carl Baldassarre è molto carezzevole e soffusa, forse un po’ Beatlesiana, anche se non dotata di una particolare espressività. Sono presenti in maniera diffusa arpeggi di chitarra acustica, una batteria sempre irrequieta, tastiere che ricordano nel loro atteggiamento stravagante certi passaggi tipici dei Gentle Giant, una commistione di elementi dai connotati a volte più rockeggianti a volte più sinfonici a volte più fusion, in un continuo alternarsi di innumerevoli varianti. Il prodotto finale è ben riuscito e proporzionato, eccettuato qualche calo di tensione che si palesa soprattutto nella seconda parte del CD. Nella sua complessità, l’album non è per nulla ostico e pretenzioso: avvicinatevi senza timore, non morde!
|