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Il vecchietto colpisce ancora! Eh si, perché il personaggio in questione, che noi conosciamo molto bene, è sulla breccia da più di 25 anni ed ancora riesce a stupirci. Questa volta poi riesce a farlo in una maniera che forse nessuno si aspettava: grande!!! Chi conosce Ian Anderson (e chi è quel pazzo che...) per la sua attività coi Jethro Tull, sicuramente ha un'idea della musica che produce che rientra in certi canoni ormai ben consolidati. In questo disco invece il nostro ha voluto cambiare completamente atmosfera ed ha prodotto un lavoro che potremmo definire quasi di musica classica, tanto è vero che fra gli strumenti che compaiono si può trovare, oltre al suo magico flauto ovviamente, anche clarinetto, violino, oboe, cello, arpa, corno francese e così via. E' ovvio quindi che chi è innamorato di suoni molto duri, dove il prog diventa spesso hard, probabilmente non si innamorerà di questo lavoro. Chi invece ama atmosfere molto più delicate, sul tipo (per fare paragoni orientativi) dei Camel o dei Rousseau, sicuramente lo considererà uno dei migliori dischi del '95! Come sempre, quindi, dipende dai gusti personali, ma per quanto mi riguarda, me ne sono perdutamente innamorato e continuo ad ascoltarlo e riascoltarlo. Il CD è composto da 12 brani tutti strumentali e, sinceramente, poter scegliere i migliori mi rimane molto difficile, dato che il livello è più o meno omogeneo. Per concludere, c'è da dire che in questo viaggio mistico il nostro Anderson è stato accompagnato dal tastierista Andrew Giddings, nonché dal noto batterista Doane Perry. Un viaggio veramente affascinante per la sua delicatezza ed il suo pathos. Grazie mille, caro vecchietto, ti auguriamo ancora 1000 dischi di questo genere, per il tuo e per il nostro bene.
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