Home
 
IAN ANDERSON Homo erraticus K Scope 2014 UK

Se sulla copertina di “Homo erratius”, al posto del nome di Ian Anderson, campeggiasse la scritta “Jethro Tull” non ci sarebbero differenze sostanziali. Aggiungiamo anche che quest’album accreditato al celebre cantante e flautista va a completare la trilogia che vede protagonista il suo alter ego Gerald Bostock e che per tutta la sua durata la musica richiama in pieno il classico sound dei Jethro Tull. A questo punto non ci sarebbe molto altro da dire e la recensione potrebbe finire anche qui, ma capisco che il lettore è desideroso di qualche approfondimento. E allora andiamo e diciamo che l’album parte con un “uno-due” micidiale: alla frizzante “Doggerland”, sintesi perfetta di brano rock che riesce a far interagire chitarra robusta, tastiere classicheggianti e quel flauto che è un vero marchio di fabbrica, fa seguito la breve “Heavy metals”, che a dispetto del titolo è uno di quei gioiellini che rievocano i Jethro Tull indirizzati verso sonorità acustiche, folk e medievali. Queste caratteristiche si ripresentano costantemente nel corso del lavoro con alcuni picchi di notevole bellezza e intensità, tipo “Puer ferox adventus”, “Meliora sequamur” con i suoi rimandi alla musica classica, “The turnpike inn”, “The pax britannica”, lo spettacolare strumentale “Tripudium ad bellum” e “Cold dead reckoning”. Se questi brani hanno magari qualcosa in più gli altri non è che demeritino, i livelli sono sempre buoni e non si denotano cadute di tono.
Ispirati i testi, accreditati al fantomatico Bostock ed interessante il concept, che ripercorre la storia dell’uomo in maniera particolare. Tutto si basa sul ritrovamento da parte dell’ex bambino prodigio (ora politico in pensione ritornato nella sua St Cleve) di un libro intitolato appunto “Homo erraticus”, scritto da Ernest Parritt, colonnello dell’esercito britannico, sotto gli effetti deliranti della malaria. L’ufficiale inglese scrive pagine in cui narra con assoluta certezza di essere stato, durante i secoli, un nomade del periodo neolitico, un fabbro dell’Età del Ferro, un invasore sassone, un monaco cristiano, un bambino del diciassettesimo secolo, un locandiere, un ingegnere ed il Principe Alberto. Le prime otto tracce del cd vanno a formare la parte “Cronache”, dedicata a questi personaggi che raccontano alcune caratteristiche della loro epoca. Nelle altre due parti denominate “Profezie” e “Rivelazioni” ci sono invece anticipazioni e previsioni che si trovano nel libro di Parritt, partendo dalla Prima Guerra Mondiale e concludendosi con un catastrofico 2044 che rappresenta, però, il principio di un nuovo Eden.
“Homo erraticus”, alla fin fine, è un disco che convince e che si ascolta con grande piacere, soprattutto se si ama lo stile musicale consolidato dai Jethro Tull nel corso degli anni. Come accennato, non contiene elementi di novità rispetto al classico sound di questo gruppo che ha scritto pagine fondamentali di storia del rock. Ed è qui che potrebbero aprirsi dibattiti. Premiare per l’ennesima volta una formula vincente e un artista in grado a sessantasei anni di regalare emozioni mostrandosi ancora voglioso di fare ciò che gli riesce meglio, o criticare un approccio che non rivela sorprese e lanciare accuse di mancanza di coraggio e cose del genere? Be’, quando la qualità delle composizioni è di buon livello come nel caso di “Homo erraticus” e pensando a quanti gruppi giovani oggi si affacciano sul mondo del prog con poca fantasia, puntando più ad imitare che a cercare una propria personalità non ho esitazioni a riconoscere l’onestà ed i meriti di Anderson e la sua verve ancora ammirevole e intrigante. La voce non sarà più squillante come nei momenti di forma migliore (al punto che, cosa impensabile fino a non molto tempo fa, si fa aiutare da un secondo cantante), ma quel timbro è ancora caldo, evocativo, riconoscibile immediatamente, i brani sono ispirati, le note del flauto viaggiano che è un piacere come sempre e i musicisti che lo accompagnano sono stati in grado di riproporre con gusto, disinvoltura e rispetto un sound che ha radici antiche. Scusate se è poco.


Bookmark and Share

 

Peppe Di Spirito

Collegamenti ad altre recensioni

IAN ANDERSON Divinities (twelve dances with God) 1995 
JETHRO TULL Living with the past 2002 
JETHRO TULL Christmas album 2003 
JETHRO TULL Live at Madison Square Garden 1978 (DVD + CD) 2009 
JETHRO TULL’S IAN ANDERSON Thick As A Brick 2: Whatever happened to Gerald Bostock? 2012 

Italian
English