I Versailles mi avevano positivamente impressionato già col loro CD d'esordio "La cathédrale du temps", edito nel '90 da Musea e passato stranamente un po' inosservato presso il pubblico progressivo. E' così che, appena saputo dell'uscita di questa nuova fatica, mi sono immediatamente dato da fare per procurarmela, nella speranza di trovarvi la conferma di quanto di buono messo in evidenza dall'opera prima. In effetti posso ritenermi sicuramente soddisfatto, visto che questo "Don Giovanni", album dal sapore libertino, stilisticamente segna ben pochi passi avanti rispetto a "La cathédrale". E non pensiate che questa affermazione voglia essere contraddittoria, dal momento che la cosa che più mi affascina di questo gruppo è proprio il suo suono un po' datato, la sua strumentazione un po' retrò che rimanda decisamente alla scuola progressiva degli anni 70, e a quella francese in particolare. Difatti è forse proprio dal gruppo di punta del prog d'Oltralpe, gli Ange, che i Versailles derivano le principali influenze, mutuando da questi, oltre ad una certa impostazione strumentale, anche la trasgressiva licenziosità delle liriche. Ascoltatevi ad esempio (e non ve ne anticipo il contenuto) "Subtiles délicatesses" e ditemi se non avrebbe potuto far parte di "Au-delà du délire" o di "Le cimetière des arlequins". Cattivo gusto a parte". I brani restanti, ad eccezione del breve strumentale finale "Drama", oscillano tutti trai 10 e i 15 minuti e, per la gioia di chi odia i dischi usa-e-getta, richiedono numerosi ascolti prima di poter essere completamente padroneggiati. Difficile stabilire quale sia la composizione migliore; le mie preferenze sono probabilmente da attribuirsi alle lunghe "Don Giovanni" e "Hybridité", davvero convincenti nel loro alternarsi di tematiche e situazioni musicali, ma vi assicuro che la scelta è stata molto difficile. Il giudizio definitivo non può essere quindi che positivo: un album più che buono che inietta nuova linfa ad un prog francese ultimamente un po' in ribasso.