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Da quando è entrato in funzione, il ponte dell’Øresund, che collega le due città di Copenhagen e Malmö e quindi la Danimarca e la Svezia, rappresenta non solo una delle massime attrattive per i turisti interessati al Nord Europa, ma – molto più importante – un vero collegamento di culture, di tradizioni e radici diverse e in forte contrasto, seppur vicine geograficamente.
Con lo stesso spirito progressista del ponte si uniscono anche le culture di questo Space Collective, che tenta quindi di unire gente proveniente da entrambi gli stati, al di qua e al di là del ponte, in un ensamble musicale che possa rappresentare il fine ultimo dell’unione: la musica. Come in una comunità aperta, poi si possono avere cambi di organico, ospitando di volta in volta, strumentisti americani o di altra provenienza.
Il nome ce lo dice già, quindi la musica, nello specifico, tratta di Space Rock di forte derivazione Floydiana e Hawkwind, ma non finisce tutto lì. Sicuramente assimilata anche la lezione degli svedesi Älgarnas Trädgård e, l’intromissione di forme jazzate e di connotazioni psichedeliche, specie nell’uso delle chitarre, di vaghi sapori West Coast, di una forte predilezione per la poliritmia, di evidenti tracce cosmico-tedesche e, infine, del totale uso dell’improvvisazione, ne fanno un lavoro particolarmente personale.
Lo Space Collective non è al primo lavoro e la produzione fortemente eterogenea degli anni passati sembra aver trovato una stabilità in questo ultimo che, nella sua pesantezza di CD doppio di oltre 150 minuti complessivi, corre in maniera determinata e compatta nei canoni sopra detti.
L’esperienza di ascolto è molto decisa e il trip onirico, ma anche epidermico, che ne scaturisce non è da sottovalutare e, anche se – come detto – la musica è totalmente e completamente improvvisata, sembra di essere di fronte a brani scritti nota per nota e non si avverte la minima scollatura tra i passaggi e i diversi momenti.
Nessun brano si eleva sopra agli altri e nessun brano è di per sé inferiore. dalla lunghissima “Jupiter Flyby” di oltre 25 minuti alla “Pink Jumps in the ring” di 5 minuti. Dovessi proprio sceglierne uno per rappresentare meglio il lavoro nella sua interezza direi “In Her Majesty’s Secret Saucer”” sul primo CD o la lunga e dal divertente titolo “Chris Ice Sack” del secondo CD. Assicuro che questo lavoro, ovviamente non destinato a tutti, ma neppure ai soli cultori space, è assolutamente degno di ascolto e di attenzione. Il lavoro esiste anche in DVD a tiratura limitata, penso che sarebbe interessante visionarlo.
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