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ANDHIRA |
Sotto il vento e le vele |
Ala Bianca |
2004 |
ITA |
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A volte l’appassionato di rock progressive, chiuso in determinati schemi mentali, trascura mondi sonori che potrebbero riservare loro graditissime sorprese e rischia di far passare in secondo piano cose veramente valide solo perché catalogate (male e vedremo perché) come folk o world music. “Sotto il vento e le vele” è un disco bello e ci si potrebbe fermare qui, senza parlare di generi sotto generi e altri orpelli del genere.
Purtroppo questo non basterà per interessare l’appassionato medio e fortunatamente dobbiamo ringraziare Alberto de Grandis e i DFA se si può parlare liberamente di questo disco anche in siti dedicati a sonorità ben definite, senza troppi patemi d’animo. L’ultima traccia del loro "4th" “S’isposa e mannorri” è, infatti, una riproposizione alla loro maniera della canzone tradizionale sarda, reinterpretata secondo il rifacimento degli Andhira (anche se il brano era già stato proposto in un disco delle Balentes di cui Elena Nulchis faceva parte) e sdogana il gruppo sardo anche per il mondo prog.
Il disco nasce come omaggio a De Andrè, artista legato da un doppio filo alla Sardegna, ma si trasforma in qualcosa di personale, che va oltre il concetto di semplice tributo. Si comincia con "Rimini" e si capisce subito che siamo di fronte a qualcosa di diverso dal solito rifacimento. Gli arrangiamenti di Luca Nulchis ti portano in territori che potrebbero piacere a chiunque segue il mondo progressive anche di striscio e rendono più personale questa, già di suo, stupenda canzone.
Ho personalmente i brividi quando sento le due Ave Maria: il "Deus te salvet Maria", cantata in maniera magistrale, di "Pregadorìa" con musica originale, e quella tradizionale strumentale resa famosa da De Andrè.
In "Disamistade" musica e coro si rincorrono creando ombre e luci, rendendo palpabile la drammaticità della storia raccontata da Fossati e De Andrè nel brano contenuto in “Anime salve” (la faida -disamistade- tra due famiglie e lo smarrimento degli uomini che cercano, ma non trovano, conforto e risposte nella chiesa). "Oi Bir" è un intermezzo in albanese che ti porta, introdotto dal suono del guiro, in territorio caraibico con la versione Andhiriana di “Amore che vieni Amore che vai”, forse l’esempio più calzante di ciò che significa interscambio di culture, di suoni, di esperienze e influenze musicali. Luca Nulchis dimostra di trovarsi a suo agio con qualsiasi genere.
Lascio per un attimo da parte i brani originali per parlare della versione di "La guerra di Piero", un brano che chi ama sonorità vicine agli ultimi Minimum Vital amerà da subito. Da citare anche il medley che riprende “Bocca di Rosa”, “La canzone di Marinella”, “Dolcenera” e “il Pescatore”, dove ritroviamo l’allegria del mondo latino americano, del jazz uniti alla bellezza del canto corale. Si trova anche il tempo di riproporre “Il re fa rullare i tamburi” (canzone popolare del XIV secolo tradotta da De Andrè) in maniera teatrale e ironica, perfetta per mostrare l’ecletticità del gruppo.
I brani originali degli Andhira sono in ogni modo quelli su cui bisognerebbe soffermarsi per capire il potenziale del gruppo. “La preghiera di Ulisse” è un pezzo da applausi, difficile tecnicamente e fatto apposta per mettere in rilievo le tre voci (Elena Nulchis, Cristina Lanzi e Patrizia Rotonda- oggi al suo posto c’è Egidiana Carta) e con un testo veramente notevole. Sembra fatto per esser recitato in teatro.
Poi c’è "Mannorri" … e ci potrei scrivere un libro sopra (ma non lo farò visto che già mezzo libro l’ho scritto sulla versione dei DFA :-). Personalmente ho sempre amato molto questa versione della ballata già dalla prima nota di piano. Le voci, le melodie, gli arrangiamenti… tutto rende più reale lo sfogo della donna tradita e ingannata dall’amore per la quale il sole diventa luna e la luna diventa sole.
Lo sbaglio come dicevo all’inizio è di voler catalogare a tutti i costi un disco del genere. “Sotto il vento e le vele” non è il solito disco di cover, non è il solito disco folk, non è un disco world music, né un disco di musica latino americana. E’ tutte queste cose insieme. Andhira è un luogo dove "Le Mystere de voix bulgares" vanno a braccetto con la salsa cubana, dove la tradizione si unisce a ritmi che vengono dal sud del mondo, dove voci e parti strumentali sono entrambi protagoniste senza mai pestarsi i piedi, anzi vengono esaltati l’uno dall’altro.
Andhira è fusione di stili, di persone, di esperienze. Ed è bello che questo succeda in Italia. Andhira è una realtà, ce ne sono tante sparse nel nostro paese, basterebbe dargli una possibilità.
Non so per voi ma per me anche questo significa suonare e soprattutto esser progressivo.
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Antonio Piacentini
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