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ALEX CARPANI Sanctuary Ma.Ra.Cash 2010 ITA

Che Alex Carpani fosse un musicista preparato, con un’ottima formazione e delle grandi capacità, sia sul piano tecnico che compositivo, lo sapevamo già e ne avevamo avuto ampia dimostrazione col precedente album “Waterline” del 2007. Questa nuova opera conferma quanto di buono avevamo assaporato in passato e appare per quanto possibile più equilibrata e più a fondo sviluppata. I territori sono sempre quelli di un vintage Prog dalle fragranze anni Settanta, molto debitori dei grandi classici inglesi, primi fra tutti i Genesis e gli EL&P. Questa volta le atmosfere sono più ricche e solenni, come suggerito anche dall’immagine della copertina, disegnata ancora una volta da Paul Whitehead, che ritrae in pratica la cupola di Santa Maria Del Fiore a Firenze, collocata in un contesto architettonico e paesaggistico abbastanza fantasioso. Se in “Waterline” prevalevano le sensazioni Hackettiane ed i morbidi chiaroscuri, il mood di quest’opera si è in un certo senso elevato, il sound è divenuto più pieno e compatto, le tastiere hanno preso un po’ il sopravvento su tutto il resto, le parti cantate si sono leggermente dilatate (anche se le parti strumentali rimangono comunque preponderanti) e la sensazione è in definitiva quella di un’opera più omogenea e forse anche più matura. Le timbriche delle tastiere ed i meravigliosi e lunghi assoli in cui il bravo Alex si prodiga possono far pensare in un primo momento ad vero e proprio tributo a Keith Emerson. In realtà trovo questa conclusione molto limitante perché, se da una parte il genio del maestro si percepisce benissimo nello stile del nostro più giovane allievo, dall’altra possiamo certamente apprezzare un gusto compositivo molto personale ed un sound che tutto sommato è il risultato di una propria reinterpretazione dei grandi motivi classici del Prog. Un altro punto di riferimento molto tangibile rimane quello dei Genesis, anche se questa volta ci siamo in un certo senso spostati da “Wind & Wuthering” verso “Foxtrot”.
L’aspetto più compatto ed unitario dell’album può essere ricercato secondo me anche nel fatto che i musicisti impegnati in questo progetto sono sempre gli stessi in tutte le tracce mentre nel precedente album la partecipazione era più frammentaria. In particolare notiamo anche un cambio di organico con Gigi Cavalli Cocchi (Mangala Vallis, Moongarden) alla batteria, Ettore Salati (The Watch) alla chitarra e Fabiano Spiga (già nella Alex Carpani band che ha portato “Waterline” dal vivo in mezzo mondo) al basso, più ovviamente il nostro Alex alle tastiere e alla voce. Riguardo alla voce, non sarà quella di Aldo Tagliapietra (interprete del precedente lavoro), ma bisogna dire che è piacevole ed adatta alle circostanze e mostra anche una buona pronuncia inglese. Se mi è concesso, il sapore dell’album, nonostante le chiare influenze britanniche, mi riporta un po’ all’eclettismo di certe realtà americane dei Seventies impreziosito da un tocco di Prog sinfonico nostrano e da qualche accenno jazz-fusion stemperato qua e là. Complessivamente si tratta di un album molto forte, dalle basi solide, dal songwriting fantasioso, seppure manieristico, che si dimostra piacevole e scorrevole e anche stuzzicante per quanto riguarda lo sfoggio, comunque misurato, di tecnica che si unisce in questo caso alla grazia di una musica ricca ed articolata. Per chi ama il Prog sinfonico nella sua veste più classica si tratta senza dubbio di un acquisto e di un ascolto interessante.


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Jessica Attene

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