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ALEX CARPANI |
The good man |
Independent Artist Records |
2024 |
ITA |
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Nel suo nuovo album Alex Carpani si cimenta in un lavoro complesso e coraggioso. Cinquantasette minuti di musica, due suite, diciotto tracce, altri quattro musicisti coinvolti, più una cantante mezzosoprano. Questi i freddi numeri, ma i contenuti? Diciamo che se nei due precedenti album Carpani aveva cercato e seguito un processo di sintesi, stavolta l’indirizzo è quasi opposto. C’è un fattore di continuità rispetto al precedente “Microcosmos” dato da un indirizzo di natura wilsoniana, ma il presentare composizioni così ad ampio respiro, pur tra molteplici sfaccettature, porta ad una maggiore linearità della proposta. Durante l’ascolto, quindi, tutto tende a svilupparsi con una certa naturalezza, anche quando ci sono cambiamenti di tempo, di atmosfera e di stile. Di base, Carpani si esibisce in un prog compatto e moderno, come Steven Wilson ha mostrato con abilità in alcune delle sue opere migliori. Partendo da queste basi va poi ad esplorare altri territori nei quali ha dimostrato già di essere a suo agio, toccando il rock sinfonico, l’heavy prog, la musica classica, l’ambient e la musica elettronica. Le tastiere a volte vanno in primo piano facendo sentire l’influenza di Emerson, Lake & Palmer e altre volte giocano con le timbriche creando suoni di contorno particolari donando al tutto una certa freschezza. Nei momenti di maggiori interscambi strumentali si viaggia da sfuriate care sia al Wilson solista che ai Porcupine Tree a tecnicismi eredi degli Yes, ma attualizzati. Quindi non lasci ingannare la partenza tra elettronica ed heavy prog, perché le sfaccettature a cui si va incontro sono molteplici, con ipnotismi floydiani, solenni arie classicheggianti, accenni di new prog marillioniano vecchio e nuovo, fughe di organo da chiesa che sfociano verso sentieri cari ai Goblin, atmosfere sognanti e tanto altro ancora. Il tutto trovando giusti equilibri tra le parti cantate (dallo stesso Alex) e quelle strumentali eseguite con estrema perizia e che vedono presenti, oltre alle tastiere pronte ad offrire le più variegate sonorità a partire da emulazioni orchestrali, anche chitarra elettrica, sassofono, basso e batteria. Ciliegina sulla torta, la splendida performance di Valentina Vanini, mezzosoprano che con i suoi vocalizzi dona un sapore più particolare a molteplici momenti del disco, infondendo caratteristiche liriche, o persino sensazioni cinematografiche morriconiane particolarmente affascinanti. Non so se Carpani in questa occasione abbia volutamente preso a modello Wilson, o se tutto è il frutto naturale di un ispirato momento compositivo. Sta di fatto che ha ottenuto risultati migliori rispetto ai lavori più recenti del celebrato collega britannico e che, anche senza voler tener conto di questo paragone che viene abbastanza naturale dopo aver ascoltato i contenuti di “The good man”, possiamo tranquillamente affermare che siamo al cospetto di un ottimo album, che richiede attenzione d’ascolto e da annoverare tra i migliori della sua carriera e tra i più interessanti del panorama italiano del 2024.
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Peppe Di Spirito
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