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“The music or the money?” è probabilmente il miglior lavoro della band capitanata da Mats Öberg (tastiere, armonica, fisarmonica, voce) e Morgan Ågren (batteria, voce) e grazie alla recente ristampa della Cuneiform ce lo possiamo gustare nel migliore dei modi. Si tratta di un doppio album uscito originariamente nel 1997, che nella nuova versione contiene un bel po’ di bonus tracks in più di spessore non indifferente e presenta anche una nuova copertina. Il gruppo era all’epoca un sestetto di base, ma alle registrazioni parteciparono numerosi ospiti che hanno arricchito la musica con i più disparati strumenti. Tra i tanti, vogliamo ricordare anche la presenza di Simon Steensalnd in quattro brani. La musica, come in tutti i dischi della Mats/Morgan Band, si dipana attraverso una serie di composizioni dove i funambolismi la fanno da padrone. Il tecnicismo dei musicisti coinvolti è ben noto e le partiture complesse che sono alla base delle composizioni hanno fatto sì che anche il grande Frank Zappa abbia espresso parole di elogio nei loro confronti ed abbia richiesto i loro “servigi”. Ben trentaquattro le tracce presenti per oltre due ore e dieci di musica. Spesso i brani che scorrono sono di breve durata, dei veri e propri flash scattanti e bizzarri, che dimostrano come, anche in uno spazio ristretto di due o tre minuti, la band riesce a mettere insieme una serie di temi e di intrecci strumentali impressionanti, eseguiti con una precisione chirurgica. Nonostante le bonus tracks, registrate dal vivo nel 2008 in concerti diversi, siano messe un po’ alla rinfusa nella scaletta e nonostante si passi da momenti ultravivaci, fatti di stacchi continui e virtuosismi impressionanti, a passaggi più d’atmosfera, bandismo zappiano, elettronica, tentazioni jazz-rock e persino spunti di lunatica psichedelia, tutto sembra scorrere via fluidamente e non l’ascolto non incontra mai intoppi. E’ davvero difficile descrivere una musica così ricca di particolari, sempre pronta a cambiare direzione, capace di regalare vibrazioni elettriche con la strumentazione rock, ma di indirizzarsi anche verso cose più particolari, che possono essere legate a certo chamber-prog o che possono creare stravaganti unioni di stili e culture diversi (ascoltare, ad esempio, l’angklung indonesiano suonato da Steensland in “Banned again”). Sarei curioso di sapere cosa ne pensano i fan dei Dream Theater e tutti quegli ascoltatori che pensano che il prog è di maggiore qualità quando alla base c’è una tecnica mostruosa. Forse qualcuno potrebbe restare addirittura folgorato e si renderebbe conto che non bisogna fare prog-metal o chiamarsi Petrucci, Portnoy e Myung per proporre ottima musica e mettere in mostra un talento fuori dal comune.
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