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ORCHESTRE CELESTI Quattro Demo autoprod. 2013 ITA

Federico Fantacone è un bravo tastierista che già da diversi anni si sta mettendo in luce sotto il nome di Orchestre Celesti, con il quale giunge adesso al quarto album autoprodotto. Nelle note presenti sul cd, il musicista spiega un po’ la genesi di “Quattro”, evidenziandone sia alcune caratteristiche tecniche, in particolare indicando come abbia cercato anche un legame con l’elettronica degli anni ’80, sia la sua personale presa di coscienza di alcune critiche mossegli per le precedenti prove, dalle quali ha voluto trarre insegnamento, variando alcune scelte rispetto al passato. “Un prologo” apre il lavoro evidenziando subito l’influenza classicheggiante, proposta con timbri moderni di tastiere. “La talpa” accentua il lato romantico e misterioso, partendo con atmosfere un po’ sinistre, per poi sfociare in un bel rock sinfonico, sufficientemente dinamico e ben eseguito. Un po’ di perplessità, tuttavia, si avverte nel momento in cui entrano in gioco la batteria elettronica e le parti vocali, circostanza che, insieme a certi timbri sintetici scelti quasi ad imitare dei fiati, dona un senso di freddezza. Va decisamente meglio con “Canto alle nuvole”, dall’incedere drammatico, un po’ à la Goblin, che, nonostante i suoni digitali, sembra farci fare un balzo indietro negli anni ’70. “Morte e resurrezione di un mago” mostra invece due volti diversi: da un lato c’è l’abilità di Fantacone con i tasti d’avorio, grazie a sequenze e spunti molto intriganti ed eseguiti alla grande; il rovescio della medaglia è rappresentato invece dalla drum machine che, tra una variazione e l’altra e con ritmi diversi, rende il brano un po’ danzereccio e sempliciotto. Dopo queste prime quattro tracce diventa chiaro l’orientamento dell’album e così anche le successive mostrano gli stessi pregi e difetti, dalle buone intuizioni strumentali di “Questo mondo”, condite però dal monotono accompagnamento della batteria elettronica, alla vena sognante di “I tuoi pensieri”, passando per “L’ombra”, composizione di notevole qualità, che con i suoi nove minuti zeppi di riferimenti genesisiani, di rievocazione del prog italiano dei Seventies, di cambi di tempo e di melodie indovinate è il pezzo più lungo e interessante di “Quattro”. Il cd è completato da tre brani tratti dal repertorio della Douglas Fairbanks Band, autrice, a detta dello stesso Fantacone, del “progressive più strano” che si poteva ascoltare alla fine degli anni ’70 nel Nord Italia. In questi il sound si fa più epico, anche se non si perde il versante elettronico ben evidente nelle tracce precedenti (ottima, in particolare, “L’ultimo bolero”). In questo disco a nome Orchestre Celesti troviamo in quantità quasi identica buonissime idee e cadute di tono. Si avvertono passione e bravura, ma anche un livello che si mantiene molto amatoriale. Caratteristiche che vengono chiaramente a galla durante l’ascolto. Le composizioni più intriganti possono facilmente trovare il favore di chi impazzisce per il rock sinfonico di stampo tastieristico e, di conseguenza, per gruppi come Emerson, Lake & Palmer e Orme. La musica, in generale, si mantiene di discreta qualità, ma la registrazione, le parti vocali e i timbri scelti lasciano un po’ a desiderare. Indirizzando meglio il suo estro e lavorando per evitare questi difettucci che ancora si avvertono nella proposta sonora, cercando, quindi, un lavoro più professionale (con la tecnologia di oggi si riescono a ottenere senza troppi problemi suoni più caldi e più fedeli a quelli degli strumenti che a volte le tastiere vanno ad emulare), il progetto Orchestre Celesti potrà ottenere riconoscimenti molto più entusiastici. Per il momento convince solo a metà.


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Peppe Di Spirito

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