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MORILD |
Aves |
autoprod. |
2013 |
NOR |
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Li avevamo conosciuti con un album d’esordio doppio, pieno di buonissima musica poco originale, ma ben concepita e ben eseguita, orientata verso un progressive di estrazione sinfonico-romantica che più classico non si può. Li ritroviamo dopo tre anni con un nuovo album, stavolta singolo, ma che pure raggiunge i settantasei minuti di durata, in cui i Morild proseguono grosso modo sulla stessa scia. Con due suite di oltre venti minuti ed altre composizioni ad ampio respiro, il gruppo dimostra ancora una volta di amare minutaggi particolarmente elevati. Ad aprire l’album troviamo “The patient fisher”, otto minuti di romanticismo nordico, con orientamento a cavallo tra new-prog e rock sinfonico, ma che pure mostra qualche momento in cui gli inserimenti di strumenti acustici (flauto e chitarra) evidenziano delle venature folk ancora più presenti che in passato. Questa particolarità sarà confermata durante l’ascolto dell’album, che tuttavia – lo diciamo subito – sembra meno ispirato del precedente. Tanti i momenti interessanti inframmezzati da situazioni più noiose, soprattutto nelle due suite “Wildflower” e “Waiting for the ferry part 1 & 2”. I frangenti più bucolici sono decisamente coinvolgenti e gli strappi che spingono verso cavalcate strumentali più sostenute e le tastiere spesso banksiane hanno un grande fascino, ma si notano anche lungaggini eccessive che rendono faticoso l’ascolto in alcune fasi. Se la band avesse diluito meglio certe cose, puntando su una maggiore concisione, evitando la ricerca di spettacolarità ad ogni costo e qualche melodia vocale un po’ banale, poteva uscire un album anche eccellente nel suo genere, ma le ingenuità, come detto, ci sono ed il voto finale ne risente, non può essere particolarmente elevato, anche se va ampiamente oltre la sufficienza. Non convincono del tutto nemmeno alcune scelte timbriche che in certe fasi mostrano delle chitarre elettriche sporche, che sembrano quasi fuori contesto. Come punti di forza, ribadiamo l’importanza di un flauto usato nel modo migliore e nelle giuste dosi, quei passaggi improvvisi da atmosfere pacate a esplosioni sonore improvvise e i momenti solistici delle tastiere. Molto bello, poi, l’artwork con un libretto coloratissimo e pieno di bei disegni, oltre che dei testi delle canzoni. In conclusione, mi sento di dire che paradossalmente, anche se doppio e quindi più lungo, il cd d’esordio si mostrava decisamente più completo e meno frammentario. Nel complesso, “Aves”, pur restando un buon disco, fa avvertire maggiore pesantezza ed è un peccato perché ci sono tante belle intuizioni potevano essere indirizzate sicuramente meglio. I Morild dimostrano nuovamente di avere potenzialità enormi non sfruttate a pieno e solo se riusciranno a trarre il meglio dalle loro qualità compositive, senza cercare di strafare, potranno diventare un grandissimo gruppo.
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Peppe Di Spirito
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