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SUPERDRAMA |
The promise |
Progressive Promotion Records |
2014 |
GER |
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“The Promise” è l’album d’esordio dei tedeschi Superdrama. Tuttavia, seppur debuttanti, i membri di questo gruppo sono più o meno tutti vecchie conoscenze del prog teutonico; infatti tra le loro linee troviamo due membri degli Argos, Thomas Klarmann (basso, flauto) e Robert Gozon (voce, tastiere), e Robert Stein-Holzheim, batterista degli Scaramouche, band sinfonica dei primi anni ‘80 con all'attivo un unico album. Mi sono trovato un po’ in difficolta nel recensire l’album, poiché è un disco che fondamentalmente non mi è piaciuto, ma al tempo stesso racchiude spunti che più volte hanno fatto titubare il mio giudizio globale. Mettiamo da parte le influenze New Prog che, come si suole dire, non sono assolutamente la mia tazza di tè. Tuttavia i Superdrama, soffrono un po' della sindrome da "Flower Kings" e hanno il brutto vizio di buttare nel loro calderone il più possibile con lo scopo evidente di sembrare più vari possibile. Purtroppo non riescono nell'intento, pressoché impossibile, di amalgamare il tutto e il risultato finale è un po' di raffazzonato. Questo desiderio di voler un po’ strafare traspare anche dal booklet dell'album, un libretto di 60 pagine in cui si trova tutto e di più, ma poi lo stesso artwork sembra anch'esso un po’ amatoriale. All'interno del calderone ci troviamo tutti gli standard del Prog anni 70, 80 e 90, in particolare i gruppi sinfonici (Genesis su tutti), il Canterbury più melodico e il Neo Prog. In alcuni punti possiamo pensare anche ai Van Der Graaf più istrionici. Il disco da l'idea nell'insieme di un patchwork incollato un po' male, ma come già detto inizialmente ci sono parti davvero intriganti, in cui la band mostra grandi potenzialità. Ad esempio nella terza traccia "Turn the stone" sono capaci di un parte centrale onirica e sognante che sa ovviamente di già sentito, ma che riesce ad essere estremamente coinvolgente. Oppure nella vandergraffiana “Healing Earth” dove la band dimostra una discreta personalità e un’intensità espressiva degna di un grande gruppo. In generale le parti vocali non mi piacciono troppo, le trovo un po' pesanti specialmente quando cantano assieme; si sente quel sapore teutonico che per me mal si adatta al Progressive sinfonico più raffinato. In generale è tutta la loro musica, pur negli spunti più interessanti, che non riesce a raggiungere quel grado di raffinatezza necessaria per un gruppo di Progressive sinfonico al fine di fare il salto di qualità necessario. Tuttavia sono sicuro che questo disco possa interessare molti appassionati che usano bere da altre tazze da tè. Io continuerò ad usare la mia e soddisferò la mia sete di musica da ben altre fonti.
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Valentino Butti
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