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MANDALA |
Midnight twilight |
Autumnsongs |
2015 |
UK/NOR |
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La storia dei Mandala inizia nel 1997, quando il multistrumentista e cantante norvegese Rhys Marsh, al tempo di stanza a Londra, si unisce al bassista Francis Booth e al batterista Will Spurling per un progetto musicale che unisse folk, West Coast e Progressive Rock. Le cose procedettero lentamente, con qualche concerto qua e là e un album registrato dal vivo (“Before Memory”), fino al 2006, quando Rhys decise di tornare a Trondheim, nella sua Norvegia. Negli anni successivi pubblicherà alcuni album col monicker Rhys Marsh & The Autumn Ghost e con altre collaborazioni (The Opium Cartel, Kaukasus), guadagnandosi buona reputazione nel mondo Prog. Nel 2014 il progetto Mandala viene riesumato; Rhys si ritrova coi vecchi compagni e dà alle stampe il presente album, traendo frutto dell’esperienza accumulata per dar nuova vita alle idee di partenza. “Midnight Twilight” contiene 10 tracce, dunque, alcune delle quali recuperate da “Before Memory”; musicalmente ci collochiamo in territori che ci parlano da una parte di Cream, Family, di un rock psichedelico di fine anni ’60, dall’altra è innegabile ritrovare quel Prog un po’ oscuro e umorale che caratterizza i lavori di Rhys Marsh, con qualche tematica alla Porcupine Tree. L’avvio dell’album è affidato al potente e grezzo rock/blues di “There's a Wind That Blows”, ma la successiva “The Dark Waltz” ci offre arrangiamenti più lussureggianti, con tastiere in bella evidenza, archi e una voce calda che sembra sussurrarci allettanti segreti. “Into the Night” è breve e ritmata, con qualche accenno funky; ancor più breve è la strumentale title-track, caratterizzata dal suono del sitar, che sfocia nella deliziosa “Sun”, che spazia anch’essa su sonorità orientali e che cresce lentamente su questi binari, dando poi spazio all’ammiccante “I Have Fallen“, dalla fresca ariosità primaverile californiana. “Dreaming” è una lunga ballad sognante (!) dalle sonorità gentili e soffuse, con archi e un discreto arrangiamento soft jazz. “Ghizou” torna invece con decisione su territori Psych/Prog, con una chitarra tornata aggressiva, cori distorti e ritmiche sostenute… per lo meno fino al repentino cambio di mood del brano che riparte da zero e ritorna in lento crescendo ad urlare nelle nostre orecchie. “Within” ci ripresenta in apertura il sitar e si sviluppa attraverso un viaggio psichedelico che sembra riprendere le highlights di “Ghizou” per impiantarle in un organismo differente. L’album si chiude infine con “Fire is Mine”, un brano falsamente ammiccante, con una chitarra che accenna un riff funky e un coro di archi che si ripete ciclicamente a sottolineare un brano che dovrebbe avere un ottimo impatto live. L’album dei Mandala è senza dubbio gradevole; se amate sonorità e tematiche vintage, senza dubbio questo trio riesce a proporre un set di canzoni in grado di incontrare i vostri gusti. Il cantato di Rhys è un valore aggiunto alla sua musica ed è altresì apprezzabile l’utilizzo che viene fatto delle ospiti agli archi (Anna Giddey, violino, e Natalie Rozario, violoncello). C’è da dire che raramente l’album si eleva al di sopra di un moderato apprezzamento; alcuni brani ci lasciano piuttosto indifferenti, a dire il vero, anche se difficilmente arriviamo a storcere la bocca (giusto il pezzo di apertura).
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Alberto Nucci
Collegamenti
ad altre recensioni |
THE OPIUM CARTEL |
Ardor |
2013 |
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