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ALIANTE Sul confine M.P..& Records 2019 ITA

Continua il magico volo degli Aliante dopo l’esordio, del 2017, intitolato “Forme libere” che aveva messo d’accordo (quasi) tutti i progsters nostrani (e non solo) considerandolo un album di ottima fattura. Una formula, quella del trio toscano, piuttosto coraggiosa, se si pensa che anche “Sul confine” (una lunga suite di 48 minuti, divisa in 7 sezioni ben distinte e un brano più breve, “Nel cielo” posto in chiusura) è un album interamente strumentale. All’origine del titolo di questa nuova release ci sono le note del booklet ad aiutarci: quando si vive in una terra di confine, come l’Italia, si incontrano lingue e culture diverse che possono generare contrasti ma pure un senso di vicinanza. E’ sul confine che si potranno scorgere le linee sottili che dividono la povertà dalla ricchezza, il dolore dalla gioia, la comprensione dall’indifferenza.
Ed è sul “confine” che cercano di muoversi gli Aliante (Enrico Filippi, tastiere; Jacopo Giusti, batteria e Alfonso Capasso, basso) con questo seconda fatica discografica. Una raccolta di brani raffinati, non di rado a tinte color pastello, altamente evocativo nei suoni, con una patina di malinconia che ricopre le composizioni (su tutte “Ai confini del mondo” arricchito dal violino di Marianna Vuocolo), dal leggero tocco “jazzy” ma che non disdegna soluzioni più rock o dinamiche tipicamente new prog con le tastiere assolute protagoniste, in assenza della chitarra elettrica. Il tutto prodotto con apparente semplicità, tanto che, a conti fatti, l’assenza del cantato è per nulla penalizzante.
Un viaggio sul “confine” ispirato anche a “Il deserto dei Tartari” (“Ai confini del mondo”, “Tenente Drogo”) che si districa con disinvoltura in un universo sonoro variegato e coinvolgente. Un volo libero, senza costrizioni, che inizia con i nove minuti di “Viaggio nel vento” (prima sezione della suite -ogni segmento è “interpretato” separatamente dal lettore cd-), brano dominato dalle tastiere e dal piano di Enrico Filippi con la sezione ritmica ad accompagnare dolcemente l’ascoltatore. “Metzada” (un’antica fortezza in Giudea… terra di “confine”) conferma l’alto livello raggiunto dal trio toscano: la ritmica è più rocciosa e sostiene le divagazioni delle keyboards di Filippi, a qualche rimando jazz rock si aggiunge una sorta di infatuazione “cameliana” se al timone della storica band britannica ci fosse stato Bardens e non Latimer… La già citata “Ai confini del mondo” è un altro gioiellino intimistico e rarefatto di grande suggestione. Con “La rana” si cambia un po’ registro: Hammond e synth imperversano ed il “divertissement” profuma di new prog di qualità. Anche “Cigno nero” vede le tastiere dominanti (a tratti sembra di essere nella colonna sonora di uno spaghetti-western con la tensione in crescendo…), anche se la sezione ritmica “lavora” al meglio sempre in bilico tra improvvisazioni jazz-rock e new prog. Vagamente Emerson, Lake & Plamer è “Il quadrato”, il brano più seventies della raccolta, mentre “Tenente Drogo” (settima ed ultima sezione della suite) profuma ancora di new prog britannico… strumentale ovviamente. Chiude l’album “Nel cielo” (dedicata al cantautore Renzo Zenobi -gli Aliante hanno suonato sul suo ultimo album in compagnia di Arturo Stalteri), altro pezzo delicato ed emozionante.
“Sul confine” conferma quanto di buono prodotto dal trio in occasione di “Forme libere”: una proposta che necessita di numerosi ascolti per cogliere, o perlomeno tentare di farlo, le numerose sfumature che si materializzano nel quadro dipinto a sei mani dagli Aliante. Poi la strada sarà tutta in discesa e probabilmente vi capiterà di ascoltarlo, ascoltarlo ed ancora riascoltarlo…



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Valentino Butti

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