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DAVE KERZNER |
Breakdown - A compilation 1995-2019 |
RecPlay |
2019 |
USA |
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Rieccolo qui il buon Dave Kerner, attivo da metà anni ’90 con vari progetti, tra cui i Sound of Contact con Simon Collins, figlio del celeberrimo Phil. E poi autore anche di due album solisti che tra gli amanti del prog sinfonico e del cosiddetto neo-prog (o new-prog che dir si voglia) ha riscosso parecchi consensi. Oggettivamente, sembra che il tastierista – dall’alto comunque di una grande professionalità – si sia rifatto a dei modelli che vanno per la maggiore tra gli affezionati dei succitati sottogeneri, guardando soprattutto a chi a sua volta si rifaceva a gruppi storici come i Genesis. Di conseguenza, questa raccolta di ventuno brani distribuiti su due dischetti poteva sembrare una ghiottoneria per alcuni ma – al contempo – una assoluta perdita di tempo per altri. La realtà è però differente. Si tratta infatti di una compilation abbastanza particolare, che contiene versioni alternative, outtakes, bonus, brani dal vivo ed altre composizioni estrapolate da alcuni dei suoi tanti progetti musicali, con la presenza anche di qualche ospite che contribuisce a dare energia e maggiore originalità ad alcune tracce. Il primo disco si apre con tre brani presenti sull’esordio solista “New world”. In sequenza, “The Lie” mostra degli assoli di chitarra molto lirici, ben disposti nell’arco del brano; “Ocean of Stars” qui è suonata in versione semi-unplugged rispetto all’originale, una composizione sicuramente romantica, con note scivolate sulle corde della chitarra; segue “Noting”, molto anni ’80, che nel mezzo diviene più elaborata grazie a dei controtempi. Nel suo complesso, l’inizio già mette in evidenza le capacità chitarristiche di Fernando Perdomo, presente su quasi tutti i brani del primo supporto ottico. Seguono poi tutta una serie di pezzi estrapolati da “Static live”, che ripropone proprio le composizioni presenti sul secondo lavoro solista “Static” ma calati nell’atmosfera colta dal vivo. Tra queste, occorre citare “New World”, ispirata con netta evidenza dai Beatles, qui in una rara versione in cui si registra il gran bell’assolo di Francis Dunnery degli It Bites. C’è poi “The Truth Behind”, dove la chitarra di Perdomo va avanti nella seconda parte su linee soliste distorte, doppiando le strofe, fino a procedere da sola con un assolo lungo ed intenso, mentre il pianoforte scandisce i tempi e la batteria suona sempre più complessa, terminando con una sensazione di desolazione. Dopo l’approccio alternative e dissonante di “Reckless”, si torna per un attimo a far riferimento all’album solista di esordio tramite la versione differente di “My Old Friend”, un pezzo in cui si immagina di parlare con qualcuno che ha già varcato la soglia della morte. Il brano era dedicato all’amico Kevin Gilbert dei Thud, band in cui militava lo stesso Dave. Vi partecipava dal vivo anche Satnam Romgotra, che qui suona la tabla. È un brano molto evocativo, nello stile esotico che Page e Plant abbracciarono per il loro ritorno sulle scene con “No quarter” nel 1994; intensi accordi di chitarra acustica e voci femminili in coro, qui, si innalzano tramite un continuo crescendo. “Joytown” è un altro omaggio all’amico scomparso, bonus track di “Static live”, in origine pezzo proprio dei Thud di Kevin Gilbert, presente a suo tempo su “Thud live at the Troubadour”. Questa versione fu suonata dall’ensemble di Dave Kezner al ProgStock 2017. Ancora atmosfere rarefatte e contemplative, con strumenti che suonano in secondo piano come mantra; un effetto psichedelico tipo primi Porcupine Tree, che per un tratto sembra portare letteralmente allo sfogo, prima di tornare alla quiete. E per rivisitare ulteriormente il tanto citato primo album, “Into The Sun” è una versione alternativa nuovamente in semi-unplugged, che parla di una specie di missione suicida nel Sole, metafora di chi va oltre i pericoli per una causa molto forte come potrebbe essere l’amore. Un pezzo ritenuto tra i preferiti dallo stesso autore, anche qui contemplativo, con retaggi dei Pink Floyd ancora psichedelici. Nove minuti, la cui seconda parte vede poi la chitarra elettrica letteralmente decollare, senza mai fermarsi, nonostante l’andamento rimanga sempre il medesimo. Un accostamento che alla lunga dà ottimi risultati! Il secondo cd si apre rifacendosi ancor ai ’Floyd con “Paranoia”, una outtake mai comparsa su un album in studio e spesso eseguita dal vivo; quella qui riportata è una bonus inserita su “Static live”. Stesso discorso per la title-track di questa raccolta, anche stavolta una bonus track del live di cui sopra, giocata sulle dissonanze. Dall’album “Acceleration Theory pt. 1” del progetto In Continuum vengono prese “Scavengers” – molto progressiva in stile eighties, con un ottimo Marco Minnerman alla batteria – e “Crash Landing”, su cui troviamo Steve Hackett alla chitarra, assieme a Randy McStine. Tra le due, la versione strumentale di “No Readmission” dei Lo-Fi Resistance, suonata in origine con la sezione ritmica dei Porcupine Tree (Gavin Harrison e Colin Edwin). Continuando il discorso inerente le esecuzioni strumentali, “Every Corner” – da “The illusions reckoning” dei Mantra Vega – qui viene riproposta in versione originale, mai pubblicata prima. Tra gli altri pezzi da citare troviamo “All That Is” da “Acceleration Theory pt. 2”, le cui liriche sono state composte in collaborazione con Jon Anderson degli Yes, per l’occasione cantate da Jon Davison, cioè proprio il sostituto di Anderson nella celeberrima prog-band! Menzione anche per le due bonus tracks di “New world live”, pubblicato come lavoro solista: “Omega Point”, in cui il basso viene davvero ben suonato da Matt Dorsey (le parti migliori risultano quelle lasciate al fluire strumentale, nuovamente con Fernando Perdomo alla chitarra) e “Not Coming Down”, che costituisce poi una bella chiusura. Questa raccolta doppia si presenta con una bella confezione, dove il libretto si dimostra davvero molto sintetico ed esauriente allo stesso tempo. Il contenuto musicale è abbastanza vario e stavolta, oltre ai soliti amanti di certe sonorità, potrà interessare anche altre fette di pubblico.
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Michele Merenda
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