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ASGARD Ragnarøkkr Pride & Joy 2020 ITA

Vent’anni di distanza dall’ultima prova in studio e ventisette rispetto alla penultima… questo dopo che il gruppo (ex) trevigiano aveva sfornato 4 album in 3 anni, agli inizi degli anni ’90. Solo Alberto Ambrosi (tastiere e flauto), da tempo oramai trasferitosi nei boschi della Germania, rimane oramai della formazione iniziale… ed è pure giusto, dato che da sempre ha rappresentato non solo l’anima della band ma proprio l’incarnazione della stessa. Accanto a lui, per questo nuovo capitolo, c’è un gruppo di musicisti completamente nuovi tra i quali spicca senza dubbio il nome di Franco Violo, ex voce degli Helreidh, altra band che aveva tra le proprie fonti d’ispirazione la mitologia nordica. Completano la line-up Andrea Gottoli (chitarre), Kikko Rebeschini Sambugaro (batteria) e Paolo Scandolo (basso).
Gli inizi della band, lo ricorderanno i lettori non di primo pelo, erano votati ad un new Prog di stampo Genesis / marillioniano, benché dai toni spesso mistici e pieni di pathos, in linea con le tematiche delle canzoni. Poi ci fu la virata verso il Progressive Metal… e con questo nuovo lavoro la band (o Ambrosi) sembra voler tirare le fila di tutte le proprie esperienze ed influenze. Abbiamo quindi un susseguirsi ed un continuo intreccio di vari generi, dal folk metal al Progressive Metal debitore di Dream Theater e soci, dal Prog sinfonico sulla linea degli esordi al folk rock tout court…
Esempi di questo continuo alternarsi sono disseminati ovunque all’interno dell’ora e passa di quest’album, alla lunga sicuramente meno muscolare di quanto farebbe presupporre il video promozionale, tratto dalla traccia d’avvio “Trance-Preparation”, di certo la più fiammeggiante delle 11 qui presenti, ma comunque anch’essa timidamente ingentilita da tenui linee di flauto. La componente folk-metal è preponderante anche per le successive “Rituals” e “The Night of the Wild-boar” e sembrerebbe che anche agli oltre 7 minuti di “Visions” sia riservato questo destino. Note più eclettiche non tardano però a farsi largo e la traccia si sviluppa, specie nella seconda metà, con belle variazioni più tipicamente Prog.
Dopo la breve ed energica “Kali-Yuga”, la lunga “Shaman” è senza dubbio, oltre che la traccia centrale dell’album, anche quella che maggiormente si attirerà il gradimento di chi ancora si ricorda dei vecchi Asgard, quelli di “Arkana” e “Götterdämmerung”. L’altro brano di elevato minutaggio dell’album, ovvero la title track, posta in chiusura dello stesso, sebbene nelle intenzioni probabilmente dovesse rappresentare anch’essa un episodio il cui eclettismo trascinasse la musica in direzioni decisamente Prog, alla resa dei conti risulta non molto convincente, quanto meno perché le varie situazioni musicali sembrano avvicendarsi con poca efficacia.
La seconda metà dell’album è contraddistinta dalla presenza di alcuni brani cantati in tedesco, spesso proprio caratterizzati da una muscolarità teutonica, sebbene mai con il piede dell’acceleratore completamente affondato.
Sinceramente nutrivo all’inizio non molte aspettative per quest’album (visto anche il video promozionale) ma bisogna ammettere che la band non si è lasciata andare troppo in direzioni energiche, conservando sempre la capacità di inserire elementi non troppo convenzionali anche all’interno di brani, caratterizzati questi dalle usuali atmosfere che richiamano leggende e ambientazioni nordiche. Un buon album, curato sia dal punto di vista musicale che da quello (ma questa non è certo una sorpresa) -diciamo così- ideologico.



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Alberto Nucci

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