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BARO PROG-JETS |
Utopie |
Andromeda Relix |
2021 |
ITA |
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A due anni di distanza dal doppio cd “Lucillo & Giada” e “Topic Würlenio” edito sempre dalla Andromeda Relix, Alberto Molesini in arte “Baro”, si ripropone con “Utopie”. Il cd si presenta accompagnato da un esaustivo booklet con annessi testi e note esplicative del concept album alla base del lavoro, cioè l’inganno. Come per il precedente (doppio) lavoro, per questa nuova produzione “Baro” (voce, basso, tastiere, chitarre) si avvale di un buon numero di collaboratori come Gigi Murari alla batteria, Paolo Zanella al piano, Titta Donato al basso, Nicola Rotta e Massimo Basaglia alle chitarre elettriche. Cinque sono i brani che compongono “Utopie”, dei quali, il primo, “Non sento!”, è anche l’unico cantato in italiano, oltre ad essere avulso dal concept e, di fatto, l’ultimo pezzo scritto da Molesini per “La sintesi”, uno dei gruppi (tra anni ’70 e ’80) di cui il nostro era membro. Un brano a cavallo tra pop e prog, molto orecchiabile e radio-friendly che conclude un capitolo musicale di Baro ed apre quello, che più ci interessa, più tipicamente progressive. Un sound più influenzato dal prog o new prog britannico o statunitense che non da quello italiano, pur ravvisando qua e là qualche rimando al Banco del Mutuo Soccorso soprattutto nella prima suite “Utopia”. Per il resto il sound ricorda gli Yes, i Flower kings, i primi Magic Pie, i Moon Safari anche se, è giusto ricordarlo, i brani dell’album furono composti da Molesini nei primi anni 2000, quando gli ultimi due gruppi citati non avevano ancora pubblicato nulla… Insomma, si tratta solo di menzionare qualche nome per indirizzare l’ascoltatore verso quello che andrà a sentire… I quindici minuti di “Utopia”, aprono come detto la raccolta. Dopo una lunga ed articolata introduzione strumentale, appare subito il filo rosso che lega tutta l’opera: l’importanza delle melodie, un sound frizzante, spensierato, in cui le tastiere hanno un impatto importante ed efficace sia in chiave solista che di “sottofondo”. Buona la prima, insomma. “Phase I (Set your body free)”, sempre con notevoli incastri vocali, presenta un approccio vicino alla fusion mentre “Phase II (Set your mind free)” coniuga momenti più rock ad altri più contenuti e meditativi, rimanendo sempre incentrata su melodie invitanti molto “americane”. “Runaways” è il brano più articolato e maturo: meno sbarazzino e “volatile” dal punto di vista vocale e melodico. Il pezzo si fa apprezzare per la “profondità” del suono, per qualche barocchismo e per le molteplici atmosfere che lo permeano. Entra in circolo più lentamente, ma lascia tracce più corpose e durature. E così dopo una cinquantina di minuti si chiude questo bel lavoro che rappresenta, senza dubbio, un deciso passo in avanti rispetto ai lavori d’esordio e aggiunge un nuovo progetto di qualità al panorama “progressivo” italiano.
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Valentino Butti
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