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ARCHANGEL Third warning AMS Records 2021 ITA

Finalmente Gabriele Manzini torna nelle vesti di Archangel dopo 8 anni a deliziare i nostri palati (per la cronaca il 3o della saga). Non che il Nostro sia stato con le mani in mano (ricordiamo che è pilastro portante degli Ubi Maior) però, visto anche l'intensa attività della band milanese, si poteva pensare che avesse messo le ali nel cassetto dei ricordi.
Tutto comincia nel 2009 con “The Akallabeth”; allora fu pomp prog: sound ardito, chitarre pesanti, ma con forte dose di melodia. Saltiamo quindi al 2013 per “Tales of Love and Blood” dove l'atmosfera si fa più cupa ed angosciante. In entrambe i lavori il numero dei collaboratori è stato numeroso, soprattutto alla voce: anche Damian Wilson (Threshold e futuro Arena) ha donato la sua ugola ai progetti.
In questo caso Manzini si avvale di un solo cantante (Giancarlo Padula dei The Forty Days) e di una band al completo, se non fosse per la presenza di Stefano Mancarella e Marcella Arganese (anch'essa negli Ubi Maior) alla chitarra, pronti rubare il posto (un brano a testa) che altrove è di Alessandro Dovì (ex Ubi Maior).
Il sound è molto più pacato, sinfonico: Manzini ci regala suoni ampi e solari, delicati e mai tronfi che mi fanno pensare al Clive Nolan più ispirato. “Technological Anguish” è il brano introduttivo: l'ingresso è teatrale, mi riporta all'atmosfera post tuono che apriva uno dei primi spettacoli di Aldo, Giovanni e Giacomo (!?), poi evolve nel classico new prog italian style: leggero e solare. Idem la successiva “Metal into Brain”, con stupendi intarsi di flauto (Manzini); bello oltretutto il fraseggio tra voce e chitarra. Questi due brani mi fanno tornare agli Arcansiel di “Stillserching”!
La strumentale “The End of the World” ci traghetta verso quella che ritengo sia la parte migliore di questo lavoro... Manzini parte pacato, sorretto dal lento ritmo di batteria elettronica (Davide Martinelli) ed un pulsante basso (Gualtiero Walter Gorrei); la calda voce di Padula ci spinge avanti, fino a quando Stefano Mancarella sembra fare il (gradito) verso a Steve Rothery. Questa è “Thetis”!
In “The End of the World” la chitarra di Marcella Arganese sembra amoreggiare lussuriosamente con le keys di Manzini. Spettacolo a luci rosse!
“Storm over St. Andrew's Curchyard “è di nuovo un brano strumentale, il finale epico quasi a ricordare (“The Spirit of Autumn Past” dei Mostly Autumn) ben si sposa al brano precedente, sembra lo vada a completare.
Giustamente il brano seguente (“Circle of Life”) è la famosa sigaretta chiamata a celebrare l'atto: suono quieto con Manzini ed Alessandro Dovì a rimembrare le gesta dei giovani Banks & Phillips nel 1970… mentre la voce di Padula è una coccola al bimbo prima della nanna!
La lunga “When the Eagle Hung His Head” (10'54”) è il risveglio del mattino: soddisfatti della nottata… si riprende con nuova linfa e nuova vita! Su ritmi incalzanti e chitarra sferzante la voce di Padula prende tono e vigore; è bello come Manzini lasci il giusto spazio ai collaboratori, non gregari ma comprimari! Musicalmente, qui ho l'impressione di trovarmi nella casa dei Malibran e di quello che fu il loro esordio: “The Wood of Tales”.
Beh, Manzini ha atteso parecchi anni per far tornare tra noi l'Archangel che è in lui, una lunga attesa che ha comunque dato frutti assai gustosi! Unica nota dolente, il timbro della batteria elettronica troppo “sintetico” per i proggers più nostalgici, ma questo è un vezzo che in questo caso si può perdonare... Mentre per quanto riguarda la voce (il timbro di Padula ricorda quello di Aluisio Maggini - Clepsydra), il suo “verbo anglofono” lo possiamo ritenere molto valido: ha lasciato a casa gli “spaghetti alla bolognese” che rendono italiana qualsiasi tavola imbandita d'oltralpe...
Speriamo di risentir parlare presto di questo Archangel, magari sarebbe bello sentirlo volare da un palco (!!!) ma, al momento, per questo c'è proprio bisogno di un Arcangelo!



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Marco Pierobon

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