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ROLAND BÜHLMANN Emnalóc autoprod. 2022 SVI

Abbiamo imparato a conoscere bene la musica di Roland Bühlmann nel corso degli ultimi anni e siamo giunti così alla sua quinta opera con “Emnalóc”, non possiamo certo affermare di essere colti impreparati dalla sonorità misteriose con cui Bühlmann ci ha piacevolmente “viziato” nel tempo attraverso una progfusion camaleontica e cerebrale... “Emnalóc”, inciso nell’estate del 2022, quindi ad un anno esatto nel momento in cui scrivo, è naturale evoluzione e completamento del discorso intrapreso con il precedente “Dubnos”, realizzato con l’aiuto di una serie di ospiti molto graditi come il batterista Terl Bryant e la tromba dell’ottimo Luca Calabrese a conferire alla musica un tocco ambient jazz particolarmente marcato, mentre ancora una volta ritroviamo la presenza importante di David Cross nel brano “Rithnál”. Bühlmann rimane principalmente coerente e fedele alla propria proposta musicale, senza troppo discostarsi dalla sua passata produzione: “Emnalóc” è soprattutto un lavoro di rifinitura negli arrangiamenti e di studio sulle possibilità sonore specialmente in senso elettronico, da questo punto di vista è probabilmente il disco più ambizioso e denso realizzato da Roland. Sonorità e punti di riferimento stilistici rimangono quindi ben saldi nell’area della prog fusion ambientale derivata dalle sofisticate esplorazioni soniche di chitarristi come David Torn e Steve Tibbetts, con abbondanti dosi di King Crimson, Fripp e relative diramazioni. Composto da otto brani, come consuetudine interamente strumentali, “Emnalóc” è un viaggio intenso e dalle tinte esoteriche e un pò criptiche verso lande immaginarie che riflettono antiche ascendenze celtiche insieme ad un ampio retaggio musicale multietnico; non stiamo comunque ascoltando un album di world music propriamente detta, anzi, l’approccio decisamente sperimentale ed ermetico in diversi passaggi potrebbe allontanare il classico ascoltatore casuale un po’ sprovveduto... e non si può comunque negare come Bühlmann in questo caso abbia piuttosto calcato la mano sull’elettronica con ampio ricorso tra le altre cose di software Logic e abbondante uso (qualcuno potrebbe insinuare abuso) di vari dispositivi come l’Aeon per chitarra... Ancora più che nei dischi precedenti, ora la musica guadagna una dimensione ulteriormente “psichedelica” e più visionaria del solito, un trattamento sonoro che potrebbe sicuramente risultare un po’ indigesto ma ad ogni modo conferisce al disco una sua peculiare identità. Salvo nei momenti più relativamente, sottolineo, rilassati, “Emnalóc” trasmette la sensazione come di un virtuoso diluvio chitarristico che si abbatte sui nostri sensi con suoni metallici, ipnotiche dilatazioni ambient, percussioni esotiche e strane installazioni sonore... in effetti forse il lavoro più “aggressivo” di Bühlmann fino ad oggi, ed insieme il suo più sperimentale sul piano sonoro... Qualcuno forse potrebbe obiettare che in tutto questo manca il senso della misura, come anche la visione di un produttore esterno che possa aiutare a calibrare svariate scelte artistiche, nell’impeto creativo Bühlmann mette nel proprio calderone quasi di tutto, dal Carnyx celtico a ripetizioni circolari puramente minimaliste fino ad una sorta di bossanova un po’ allucinata, si prende dei rischi e non tutto è perfettamente a fuoco, bisogna dire, ma un approccio così temerario e libero da freni creativi è anche quello che rende un disco simile decisamente speciale.



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Giovanni Carta

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