|
AGUSA |
Prima materia |
Kommun2 |
2023 |
SVE |
|
Nonostante una line-up a porte scorrevoli, gli Agusa hanno mantenuto intatto il loro spirito e questo quinto album in studio, col suo sound pastoso ed accattivante, è qui a dimostrarlo. Già all’indomani dell’esordio, “Högtid” (2014), il gruppo dovette rinunciare al batterista Dag Strömqvist, presto rimpiazzato da Tim Wallander. La flautista Jenny Puertas, ospite nella seconda fatica in studio intitolata “Två”, divenne parte integrante della band nel 2017, trasformandola di fatto in un quintetto, come ufficializzato nell’omonimo album di quell’anno. Nel 2018 è il tastierista Jonas Berge ad andarsene per concentrare tutti i suoi sforzi sugli Øresund Space Collective ed al suo posto compare, su “En Annan Värld” (2021), Roman Andrén. Assieme a lui giunge anche il bassista Simon Ström, chiamato a sostituire uno dei membri fondatori, Tobias Pettersson. Giunti a questo punto registriamo ancora l’avvicendamento di un nuovo batterista, Nicolas Difornis e, a conti fatti, realizziamo che del nucleo originario non rimane che il chitarrista Mikael Ödesjö. A dispetto di questa storia un po’ sofferta, le produzioni degli Agusa rimangono comunque ben riconoscibili e coerenti, in continuità fra loro, e se non ve lo avessi fatto notare avreste potuto benissimo non accorgervi di tutti questi cambiamenti. Come nel loro stile i nostri amici svedesi ci presentano poche tracce, soltanto 4 in questo nuovo album, con una durata che spazia dai 7 minuti della conclusiva “Så Ock På Jorden” ai 14 e mezzo del brano di apertura “Lust Och Fägring (Sommarvisan)”. Gli elementi psichedelici e folk rimangono cruciali, con ampi riferimenti a storiche realtà svedesi che molti di noi amano e conoscono: Kebnekaise in primis ma anche Fläsket Brinner, Bo Hansson e Trettioåriga Kriget. A differenza di certe produzioni del passato tutti gli elementi vengono rimescolati in modo più frizzante con l’aggiunta di un tocco di calore e di tenere fragranze primaverili. Certe somiglianze ci portano alla delicatezza dei Camel o alle iridescenze degli Ozric Tentacles ma anche al sound serpeggiante e duttile degli Egba. “Lust Och Fägring” sfoggia già una gradazione di suoni che poco hanno a che vedere con le oscure e meditative atmosfere nordiche che avremmo immaginato. Il brano è un gradevole collage di episodi diversi in cui le danze sono condotte dall’onnipresente organo Hammond con importanti contributi del flauto. Floride sono le contaminazioni hard blues con momenti segnati dall’improvvisazione allietati da assoli sgargianti, ma di notevole bellezza sono anche gli impasti psichedelici ed i tappeti sonori in cui è la melodia ad intessere il filo conduttore. Il brano scorre agilmente fino alla fine sfociando verso una dilatata e sognante “Under Bar Himmel” (Sotto il nudo cielo), Cameliana fin nel midollo. “Ur Askan” (dalle ceneri) ci riserva una graditissima sorpresa e cioè il ritorno fin dai tempi del debutto di una voce solista e cioè quella aggraziata di Jenny Puertas che interpreta alcuni versi in spagnolo, incastonandoli in un contesto sonoro evocativo e Crimsoniano. Il finale è affidato a “Så ock på Jorden” (così anche sulla Terra) che si apre nella forma di una ballad folk scanzonata da cui si sprigiona all’improvviso un bel potenziale sinfonico in cui rilucono i Camel ma riletti con la sensibilità tutta svedese che strizza l’occhio ai Kebnekaise. Indubbiamente lo stile degli Agusa rimane ben riconoscibile ma è come se i ghiacci si fossero sciolti, lasciando spazio a tantissimi fiori dai profumi inebrianti. Il risultato è di ottima fattura e nasconde elementi preziosi per chi saprà coglierli e nient’affatto scontati come potrebbe apparire ad un approccio superficiale. Sono in ogni caso certa che questa è soltanto un’altra tappa nel percorso artistico di un gruppo che continuerà il suo viaggio verso altre mete sonore.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|