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KRISTOFFER GILDENLÖW |
Empty |
New Joke Music |
2024 |
SVE |
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Strane certe dinamiche del mondo del prog, che non sempre indirizzano le giuste attenzioni verso artisti meritevoli. Pensiamo al percorso di Kristoffer Gildenlöw, che ha ottenuto una discreta visibilità come bassista e cantante dei Pain of Salvation per poi sparire dai radar una volta abbandonato il gruppo dopo essersi trasferito in Olanda. Eppure ha continuato una carriera di tutto rispetto, che lo ha portato a entrare in pianta stabile negli storici Kayak e nei Dilemma, a indirizzarsi verso numerose collaborazioni e a intraprendere una interessantissima carriera solista che con “Empty” tocca il quinto disco in studio. Sarà forse che la sua proposta è molto lontana da quel prog metal del gruppo che lo aveva portato agli onori delle cronache? Già, perché il suo nuovo album, come i precedenti, presenta influenze dei Pink Floyd, rock d’atmosfera, cantautorato elegante, elementi classicheggianti. E in tutto questo Gildenlöw è protagonista quasi assoluto, visto che, oltre a cantare, si impegna come polistrumentista ed esegue parti di basso, contrabbasso, chitarre, tastiere e percussioni. Eppure non mancano interventi di altri collaboratori per batteria, guitar solos, organo Hammond, archi e voci femminili. La gestazione di “Empty” risale al periodo della pandemia, ma per vari motivi e scelte, Kristoffer ha preferito prima impegnarsi in altre due pubblicazioni, per poi terminarlo e darlo alle stampe nel 2024. Non si tratta esattamente di un concept, ma ci sono una serie di spunti di riflessione che vedono protagonista il mondo insieme ai suoi abitanti, ai suoi governanti, al suo Creatore. Temi quindi che hanno elementi in comune e che si intrecciano tra loro con alla base un sound ancora una volta dimesso e colmo di una malinconia tipicamente nordica. L’album si apre con “Time to turn the page”, che ha una struttura ripresa in altri pezzi, come “Down we go”, “Beautiful decay” e la stupenda e conclusiva title-track. Le caratteristiche comuni vedono una partenza ad andamento lento, da ballad meditativa, mesta e dark, con timbri acustici o semiacustici, per poi prorompere verso sonorità elettriche e più rock, con ritmiche solide e spunti chitarristici che devono chiaramente molto a David Gilmour. E sono proprio echi floydiani a venire a galla spesso e volentieri durante l’ascolto, soprattutto in composizioni quali “He’s not me”, “Black & white” e “Saturated”. In alcune occasioni la presenza di archi spinge verso un prog sinfonico brillante e raffinato (“The end of the run”, “Turn it all around”, “Means to an end”), o verso un cantautorato fortemente elegiaco (“The brittle man”), mentre merita menzione a parte il crescendo minaccioso e molto conturbante di “Harbinger of sorrow”, per il quale, tra l’altro, è stato realizzato un video molto suggestivo. Da sottolineare la cura che viene data all’aspetto melodico e la voce profonda e intrigante di Gildenlöw, elementi perfetti per gli scenari sonori proposti e che contribuiscono ad accrescere ulteriormente le sensazioni umbratili. E da questo punto di vista “Empty” non ha mezze misure, nessuna apertura verso qualche spiraglio solare e riesce a trasmettere quel senso di mestizia di cui è pervaso, risultando in tal senso persino viscerale. Speriamo vivamente che di Gilndenlöw e dei suoi dischi si accorga un numero ben maggiore di appassionati, perché continua a sfornare opere di livello e capaci di emozionare con il loro tessuto sonoro floydiano e dalle fortissime tinte fosche e questo bellissimo album è forse il suo picco creativo.
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Peppe Di Spirito
Collegamenti
ad altre recensioni |
PAIN OF SALVATION |
Be |
2004 |
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